Sabato, 14 Dicembre 2024

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L'autoritratto di Leonardo - Luglio/Agosto 2024

  1. C’è un mistero, ma come si sa forse non soltanto uno, quando si parla del genio rappresentativo del Rinascimento italiano e probabilmente iniziatore ideale della modernità: si tratta di Leonardo da Vinci e il mistero riguarda il suo ritratto. Di Leonardo, infatti, sappiamo tutto o quasi tutto: molti aspetti della sua vita sono noti, le sue opere sono molto famose fino a diventare vere icone; molti i misteri e molto frequente l’analisi simbolica riguardante proprio le sue opere. Ma come era effettivamente il volto del genio fiorentino? Quali erano i tratti di colui che ha tratteggiato nelle sue opere tantissimi volti dai quali faceva emergere l’anima?

    Per rispondere a queste domande bisogna ritornare al 2008 quando l’ingegnere Gianni Glinni, insieme a suo fratello e allo storico d’arte Nicola Barbatelli sono stati protagonisti di un fortuito ritrovamento: un dipinto a tempera grassa su pannello (43,9x59,6 cm) che sarà ospitato inizialmente presso il Museo delle antiche genti di Lucania a Vaglio di Basilicata e sarà etichettato come l’autoritratto di Acerenza. Da quel momento inizia una storia avventurosa e come affermava lo stesso Leonardo: «Tristo è quel maestro del quale l’opera avanza il giudizio suo. E quello si drizza alla perfezione dell’arte, del quale l’opera è superata dal giudizio». Ne parliamo con Gianni Glinni, uno degli scopritori del presunto autoritratto del genio fiorentino.

    Come inizia questa incredibile avventura?

    L'inizio fu casuale. Il critico ed esperto d’arte Nicola Barbatelli si recò a casa di un collezionista salernitano per visionare dei dipinti di un artista lucano del 1600. Non trovò nulla di significativo ma prima di andare via, gli fu mostrato il dipinto raffigurante un volto di un uomo con la barba. Il collezionista non sapeva chi fosse, parlò di Galileo Galilei, ma chiese allo studioso se valesse la pena pulirlo. Era chiaro che il volto era quello che l'iconografia classica attribuiva a Leonardo e non a Galileo e da una prima rapida analisi sembrava una copia del presunto autoritratto di Leonardo conservato agli Uffizi. Non è corretto dire presunto, perché oggi si sa con certezza che l'autoritratto di Leonardo degli Uffizi è in realtà un dipinto della metà del 1600 venduto poi nel 1700 come originale autoritratto di Leonardo da Vinci. Questo si è scoperto solo nel 1936 quando la tavola fu sottoposta a una radiografia che rivelò sotto lo strato pittorico un altro dipinto seicentesco raffigurante una Maddalena penitente forse di mano fiamminga.

    Leonardo è morto nel 1519 quindi è ovvio che non può essere il suo autoritratto. Questo dipinto è stato esposto agli Uffizi per oltre 200 anni e considerato l'autoritratto di Leonardo! Ha costituito così la base per una iconografia del volto di Leonardo e ne sono state fatte moltissime copie. La tavola del collezionista salernitano sembrava una di queste tante copie fatta forse alla metà del 1700. La Tavola Lucana era coeva a Leonardo e una delle impronte rilevate era compatibile con quella rilevata sulla Dama con l'ermellino, opera famosissima proprio di Leonardo. In sostanza quindi la Tavola Lucana potrebbe essere l'originale dal quale fu tratto il falso di Firenze e forse il vero autoritratto di Leonardo da Vinci. La tavola è stata denominata "Lucana" perché le prime indagini storiche lasciavano pensare a un passaggio lucano della tavola, attraverso casati che avevano vaste proprietà in Lucania ed erano tutte coinvolte con Leonardo. Basti pensare alla famiglia Segni di Acerenza, al conte di Ligny, a Isabella d'Aragona che ritiratasi a Bari soggiornò spesso presso il castello di Monteserico. Altro personaggio potenzialmente significativo in questa storia fu Gian Vincenzo Pinelli, conte di Acerenza, ma ne figurano molti altri così che un arrivo della tavola in Lucania tramite è più che plausibile.

    La traccia più concreta dell'esistenza di un autoritratto di Leonardo la troviamo tuttavia a Napoli, nell'inventario dei beni della famiglia Ruffo di Baranello fatta agli inizi del 1800 da Romanelli che fece chiaramente riferimento a un autoritratto di Leonardo.

    Quali sono gli altri autoritratti di Leonardo e cosa possiamo dire a proposito?

    Per quanto riguarda gli autoritratti di Leonardo, possiamo affermare che una volta escluso quello degli Uffizi, resterebbe la famosa sanguigna di Torino, il volto del vecchio saggio che figura un po’ ovunque come volto di Leonardo. Benché il disegno è certamente opera di Leonardo, non altrettanto certo è che si tratti di un autoritratto. Molti studiosi, tra i quali Pietro Marani, sostengono la versione che si tratti di un prototipo di vecchio saggio, filosofo o apostolo già esistente e ripreso da Leonardo nei suoi studi. Non sarebbe quindi il suo autoritratto. Se parliamo invece di ritratti, l'unico universalmente accettato è il profilo di Leonardo fatto da Francesco Melzi, il suo allievo prediletto. Questa iconografia è certa e costituisce l'unico riferimento riguardo alle fattezze di Leonardo. In questo scenario compare il ritratto Lucano che essendo con certezza dell’inizio del 1500 e raffigurando con certezza il volto di Leonardo costituisce l'unico altro riferimento.

    Il quadro presenta anche una strana iscrizione?

    «PINXIT MEA» scritta al rovescio come faceva Leonardo. Significa "dipinse cose di me" una formula tratta forse da un latino del tardo impero, all’epoca di Orazio. La scritta è stata analizzata e sono venuti fuori alcuni elementi importanti: è in ferro gallico, normalmente usato da Leonardo, è scritta a pennello con mano sinistra e da una indagine calligrafica è pienamente compatibile con la grafia di Leonardo.

    Quali sono stati gli approfondimenti tecnici e le altre verifiche effettuate sulla tavola?

    Sono state svolte indagini a raggi x, spettrografie per analizzare la composizione dei pigmenti, rodiocarbonio 14 per la datazione della tavola lignea (una tavola di pioppo) analisi sul tipo di legno e il rilievo delle impronte coeve ai pigmenti. Tutte queste indagini sono state fatte dall'INNOVA del Federico II di Napoli, dall'Università di Chieti e dal RACIS dei Carabinieri. Un altro campo di ricerca è stato il riconoscimento facciale. A questo hanno lavorato separatamente l'Università di Chieti col professor Felice Festa, l'Università di Tallinn con il professor Orest Kormachov e Helen Kokk e il reparto investigativo della polizia federale di Madrid, lavoro commissionato dal giornalista Christian Galvez. Tutti gli studi concordano che si tratta del volto di Leonardo da Vinci e che è l'unico ritratto pienamente compatibile con il famoso profilo di Leonardo fatto da Francesco Melzi. É stato in tal modo possibile ricostruire l'immagine tridimensionale del volto di Leonardo, lavoro fatto in collaborazione con il professor Orest Kormachov dell'Università di Tallinn.

    Quali possono essere i collegamenti di questa opera con le altre di Leonardo?

    Si tratta del suo autoritratto e dobbiamo pensare che con molta probabilità non è un'opera commissionata. É stata realizzata con tempera grassa e non con olio, cosa spiegabile per la necessaria rapidità con la quale fu eseguita. Troviamo un famoso parallelo che comprova questa idea, l'autoritratto di Raffaello, anche questa in tempera grassa. Si trovano tuttavia analogie ricorrenti in tutti i dipinti di Leonardo: ad esempio il modo di dipingere gli occhi oppure l'ondulazione dei capelli e della barba, una sorta di modello che si ripete sempre uguale e presente anche nella tavola lucana. Leonardo assimilava infatti l'ondulazione dei capelli a quella dell'acqua. Posso dire che questo è forse uno dei segni più evidenti della mano di Leonardo.

    Come nel caso della Gioconda anche in questo caso un elemento importante viene dagli occhi. Cosa è venuto fuori dalle ricerche?

    Leonardo dedicò molte ricerche alla questione della biocularità, ossia la sovrapposizione di immagini che il nostro cervello fa facendoci vedere un oggetto unico mentre invece è composto da due immagini differenti provenienti dai due occhi. In questa tavola c'è un evidente tentativo di combinare le due visioni in un’unica immagine, mettendole insieme e usando lo sfumato per farle coincidere. Solo Leonardo, e forse Durer, facevano tali ricerche. É un altro indizio che porta al modo nel quale Leonardo lavorava. Anche la differenza di dilatazione delle due pupille fu una questione studiata da Leonardo il quale ne scrive ripetutamente nei suoi appunti. Nella tavola lucana è presente in maniera evidente.

    Leonardo in genere metteva dei simboli e degli enigmi nelle sue opere; se questo fosse realmente il suo autoritratto secondo lei quali potrebbero essere i simboli nascosti anche in questa opera?

    Non credo che Leonardo inserisse segni o simboli, forse meglio parlare di enigmi. Leonardo nelle sue opere introduceva invece tutte le conoscenze che maturavano dalle sue ricerche di filosofo della natura, ricerche anatomiche, del mondo vegetale e animale, della composizione di rocce e terreni oltre che naturalmente ricerche fisiognomiche o legate al moto dei corpi e dell'anima, come scriveva. Nella tavola lucana ritroviamo gli studi sull'ottica e la biocularità, sul moto delle acque assimilate all'ondulazione dei capelli, di una resa tridimensionale dell'immagine. Il quadro va visto dal vivo e solo dopo, con animo sereno, se ne esce veramente arricchiti.