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Tassa di soggiorno? Un coro di no N.106 14/01/2012

Tassati e tartassati: ormai si mettono nuovi balzelli praticamente su tutto. Arrivare a Matera e visitare gli incantevoli scorci dei Sassi non sarà più semplicemente un piacere per i tanti turisti che a ritmo sempre più serrato arrivano in città. Non sarà più solo un piacere, ma un lusso poiché l’amministrazione comunale capeggiata dal sindaco Salvatore Adduce ha intenzione di tassare i baldanzosi turisti con una tassa di cinque euro. La possibilità di introdurre la cosiddetta “tassa di soggiorno” è resa possibile grazie al decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 in materia di federalismo fiscale municipale. Trovata spicciola per racimolare un po’ di liquidità per le casse comunali in questo periodo di crisi. Espediente, a dir il vero, neanche troppo originale che riporta alla memoria l’iperbolica scena del film “Non ci resta che piangere” con Roberto Benigni e Massimo Troisi; i due amici sono catapultati per una strana bizzarria in pieno medioevo e sono inesorabilmente tassati dalla guardia confinaria a ogni passaggio con il pedaggio di un fiorino. Quello, però, era il medioevo e si trattava, per giunta, di finzione cinematografica. Nella realtà, invece, la città dei Sassi si potrebbe ritrovare catapultata davvero in pieno medioevo e allora ai turisti non resterà che pagare per godersi il soggiorno materano. In città in questi giorni è esploso un coro di contrarietà all’ipotesi dell’introduzione della tassa alquanto singolare. "La tassa sul turismo - ha affermato Marina Festa, segretaria provinciale dell’Adiconsum - è per noi completamente sbagliata perché il mercato del turismo e i turisti portano ricchezza al territorio e su questo settore dobbiamo continuare a investire. A dire il vero i turisti che vengono in Basilicata sono già penalizzati dalla mancanza di una ferrovia, di un aeroporto e di strade adeguate; questa tassa non farebbe altro che incidere negativamente sul sistema produttivo, sugli albergatori, sui commercianti, sui ristoratori, sui gestori di discoteche e sull’occupazione in generale”. Sulla faccenda è intervenuto anche il presidente del gruppo Idv in consiglio regionale, Nicola Benedetto, il quale sottolinea che “il comparto turistico nel nostro paese risente notevolmente degli effetti della crisi e del drastico calo della domanda e dei consumi nel settore. Credo siano altre le misure idonee a dare respiro a quello che dovrebbe rappresentare un volano per la ripresa economica italiana. Maggiori risorse e investimenti, agevolazioni o esenzioni nella fiscalità generale, sono queste alcune delle misure fiscali e politiche di cui necessita il turismo, non certo l’introduzione di nuove gabelle, illogiche e anacronistiche. Se davvero si vuole aumentare la competitività del nostro turismo, occorre evitare operazioni che diversifichino, in negativo, l’Italia dal resto d’Europa. Basti pensare, ad esempio, che l’Iva versata dagli utenti dei servizi turistici italiani è al 10%, diversamente da quanto sborsato da quelli spagnoli e francesi che pagano allo stato solo il 4%. Mi auguro che le amministrazioni locali si rivelino più lungimiranti del governo, tenendo conto che in molti comuni dove la tassa di soggiorno è in vigore da tempo sono gli stessi amministratori che l'hanno voluta a fare autocritica a distanza di mesi”. Più sfumata, invece, la posizione del Cna Turismo: “E' davvero importante - afferma il presidente Pietro Colapietro - avere un quadro conoscitivo complessivo prima di assumere provvedimenti importanti come l'istituzione della tassa di soggiorno; se davvero l'amministrazione è intenzionata a procedere su questa strada, è necessario prevedere una maggiore gradualità tra le diverse categorie di strutture ricettive, arrivando a stabilire, nei periodi di bassa stagione, la sospensione della predetta tassa”. Nettamente contraria, invece, la Confapi: In primo luogo – ha dichiarato Latorre – è moralmente odioso far pagare ai turisti un’imposta di scopo per finanziare servizi pubblici e di offerta turistica che dovrebbero pagare i cittadini, anche in una logica di accoglienza. Inoltre – ha concluso il direttore di Confapi – trattandosi di un’imposta di scopo, vorremmo sapere che cosa l’amministrazione intenda fare con queste risorse, quali servizi intenda offrire al turista, quali interventi intenda finanziare in materia di turismo. Non abbiamo certezze che il denaro ricavato oggi non sia utilizzato domani per gli scopi più disparati”. L’introito complessivo sarebbe stimato sui 200 - 300mila euro annui. Non si vorrà mica far pagare la candidatura di Matera a capitale europea della cultura ai “poveri” turisti? A questi non resta che piangere o forse sorridere amaramente.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.106 14/01/2012