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Rassegna stampa

 

Notizie ANSA

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Il caso Ecoil al vaglio della Procura N.59 29/01/2011

Mala tempora current. E’ un brutto periodo per Ecoil, l’azienda che avrebbe dovuto iniziare a breve la sua attività di rigenerazione di oli esausti nella zona industriale di Ferrandina. Una dettagliata denuncia promossa da un gruppo di attivisti locali è arrivata all’attenzione del Pm del pool contro i crimini ambientali Salvatore Marotta della procura di Potenza. L’attività di Ecoil avrebbe dovuto riguardare la rigenerazione degli oli usati attraverso un ciclo di distillazione frazionata collegato a un impianto di produzione di lubrificanti. Otto le gravi anomalie denunciate, in primis la mancanza di competenza da parte dell’ufficio regionale che ha dato l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto nel maggio 2009. A gennaio 2009, inoltre, quando fu approvato il progetto, era scaduto da oltre sette mesi il parere d’idoneità sui mezzi di trasporto delle materie prime. Già in fase d’approvazione del progetto il professor Vincenzo Tufano, chimico dell’Università di Napoli e della Basilicata e consulente incaricato dalla stessa giunta regionale, si esprimesse con parere contrario al progetto in esame, evidenziando non solo i pericoli per l’ambiente e per i lavoratori ma addirittura l’inutilità poiché l’impianto non garantirebbe economie di scala e lavorerebbe in perdita perché di dimensioni troppo ridotte. Il progetto, però, passava lo stesso, grazie anche al parere favorevole dell’Arpab e nonostante la stessa agenzia avesse accolto le osservazioni del professor Tufano. Il via libero definitivo all’impianto era supportato dallo stanziamento iniziale di oltre sedici miliardi delle vecchie lire provenienti dai fondi del Bando Val Basento del 2001 e al successivo stanziamento definitivo del 2006. A livello regionale, in verità, il progetto Ecoil era stato già bocciato dal Dipartimento Ambiente nel 2005, ma fu riesumato nel 2008 quando la società proponente ottenne una proroga di tre ani per l’inizio dell’attività. Tale termine scade il prossimo settembre. Il progetto prevedrebbe l’assunzione di circa settanta unità lavorative e una produzione media annua di 35/45mila tonnellate di oli esausti. In Italia la raccolta degli olii usati, effettuata dal COOU (Consorzio Obbligatorio Oli Usati), nell’anno 2009 si è attestata sul valore di 194.209 tonnellate, inferiore dell’8,6% rispetto al 2008. Questa quantità è assorbita integralmente dagli altri impianti similari presenti sul territorio nazionali. E’ chiaro, dunque, che i conti non tornano. Le rigenerazioni che dovrebbe effettuare Ecoil sarebbero, pertanto, eccedenti. I conti non tornano anche a livello regionale. Infatti, per il progetto in questione sono stati stanziati ben 8,5milioni di euro a fondo perduto. Una cifra non di poco conto. Dopo dieci anni tutto è ancora fermo. Oltre alla vicenda giudiziaria resta sullo sfondo anche una questione prettamente ambientale. Infatti, nel normale uso degli olii lubrificanti nei motori a scoppio o a ciclo diesel, i polinucleari aromatici (composti cancerogeni) si formano in quantità elevatissima; nel processo di rigenerazione questi pericolosi composti chimici possono essere eliminati solo con trattamenti al solvente o mediante processo d’idrogenazione. I processi vecchi e ormai tecnologicamente obsoleti (che prevedono trattamenti alla terra, acido, idrossido di potassio o altre sostanze chimiche) non eliminano i polinucleari aromatici e pertanto l’olio ottenuto con questi sistemi deve considerarsi cancerogeno e deve essere opportunamente etichettato con i simboli di pericolosità previsti per legge. Quale tecnologia sarà impiegata nell’impianto di Ferrandina qualora dovesse mai entrare in funzione?

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.59 29/01/2011