Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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Nel 1588 il medico Giulio Jasolino nel suo libello "Dè rimedi naturali che sono nell' isola di Pithecusa hoggi detta Ischia” così narrava: «nel monte esservi un profondissimo antro ombroso per spazio di due miglia, e cinquecento miglia dè boschi, e molto dilettevole per lo mormorìo dè ruscelli. Indi dopo così lunga discesa si scopre un'altra spelonca, la quale nell' incontro già oscura, ha un tempio consacrato a Giove, poi nell' ultimo dell'andito gli abitatori affermano esservi il letto di Tifone». Versi sibillini scritti appositamente forse per una zona specifica dell’isola d’Ischia che è descritta in maniera inusuale: pur tenendo conto della straordinaria bellezza del paesaggio, il medico studioso si sofferma, però, su alcune peculiarità curiose; qualcosa che ci riporta a un passato antico e misterioso. Ischia è un luogo incantevole e magico. Magico in tutti i sensi.
Il Monte Epomeo
Il monte Epomeo con i suoi 789 metri è la parte più alta dell'Isola d'Ischia. Si tratta di uno vulcano inserito al centro di un complesso sistema di faglie attive, il cui processo di sollevamento è iniziato circa 100mila anni fa, come dimostra il fatto che tutta l'isola è stata interessata più volte in passato da un'intensa attività vulcanica. Il Monte Epomeo domina Ischia e rappresenta circa il 34% della superficie totale della celebre “isola verde”; non è un vero e proprio vulcano ma un immenso blocco inclinato di tufo verde fuoriuscito dalle profondità della terra al termine di una grande eruzione di tipo esplosivo circa 55mila anni fa.
Fin dal tempo delle colonizzazioni greco-romane l’isola è stata considerata uno dei luoghi in cui Zeus recluse Tifone, proprio al di sotto del Monte Epomeo.
Secondo la leggenda il primo a visitare questo posto è stato un pastore greco che si chiamava proprio Epomeo il quale, stabilitosi sull’isola, si scavò una grotta nel tufo e qui rimase fino alla vecchiaia; le sue lacrime diedero vita alle famose acque di Buceto, Nitrodi e Olmitello. Una terra, dunque, strettamente collegata alla mitologia e alle storie leggendarie.
Il mondo di Agharta
Un luogo magico e affascinante allo stesso tempo: oltre all’incantevole scenario paesaggistico questa terra nasconde al suo interno qualcosa di profondamente misterioso.
Il Monte Epomeo, infatti, è ritenuto essere uno dei punti di accesso al mitico mondo sotterrano di Agartha insieme ad altri dislocati in vari punti della Terra; tra questi il Polo Nord, il Polo Sud, le piramidi di Giza in Egitto e il deserto del Gobi in Mongolia, così come descritto nel 1908 dallo scrittore Willis George Emerson nel suo romanzo fantastico dal titolo "Il Dio fumoso o il Viaggio nella Terra Cava". Il romanzo si presenta sotto forma di un resoconto del viaggio di un marinaio norvegese, Olaf Jansen che giunge all'interno della Terra, dove si troverebbe il mitico regno di Agartha, attraversando un passaggio situato al Polo Nord. Secondo il resoconto Agartha, illuminata da un "fumoso" sole centrale, è composta da una fitta rete di colonie e abitata da uomini alti circa quattro metri. La capitale del regno è Kalapa, paragonabile addirittura all'originario Giardino dell'Eden.
Il primo a parlare del Monte Epomeo come una delle entrate di questo misterioso mondo è stato Corrado di Querfurt, vescovo di Hildesheim e poi di Würzburg, ma soprattutto cancelliere di Arrigo VI dal 1194 al 1201. Nel 1196 in una serie di epistole il vescovo tedesco parla di come sia riuscito a penetrare in un anfratto su un monte, raggiungendo una misteriosa città sotterranea, prima di essere costretto alla fuga da alcuni guardiani “fatti di aria”, ma armati di spada e frecce. Quefurt ha individuato e ubicato il monte in questione sull’isola di Ischia; proprio la stessa zona che notoriamente, secondo un retaggio che si perde nella notte dei tempi, era considerata la sede delle anime penitenti, una specie di limbo che si estendeva, secondo la leggenda, fino ai Campi Flegrei.
La zona, dunque, è in relazione, proprio per la sua conformazione morfologica, con il culto dei morti ed esotericamente con il concetto della rinascita. Il mito di Agharta, dunque, trova un punto di contatto proprio con questa credenza locale delle anime penitenti che da sempre sono associate al mondo sotterraneo degli inferi.
La ricerca della terra cava e del regno di Agartha ha coinvolto anche i Nazisti durante la seconda guerra mondiale. Hitler era ossessionato dall’esoterismo e dai miti di antiche civiltà tecnologicamente evolute e ancora nascoste in qualche parte della terra; negli anni in cui è stato al potere ha provato spasmodicamente a cercare tracce di queste testimonianze ma con scarso successo. A Ischia, in particolare, i Nazisti avrebbero cercato l’entrata del possibile tunnel dell’Epomeo partendo dal luogo più misterioso dell’isola, la grotta di Mavone, oggi praticamente inaccessibile e situata in località Scannella (frazione di Panza a Forio d’Ischia) su un costone roccioso a picco sul mare. Le ricerche sarebbero poi proseguite con l’analisi della Grotta del Mago che si trova a Ischia Ponte dopo gli scogli di S. Anna, ma attualmente solo parzialmente accessibile. Anticamente è storicamente accertato che in questi luoghi si praticasse il culto solare.
San Nicola e il culto della rinascita
Sulla sommità del monte Epomeo ci sono due terrazze: su di una si accede alla fine di un tortuoso sentiero in salita; qui si affaccia una chiesetta del 1459 scavata nel tufo e dedicata a San Nicola di Bari. Un tempo era un eremo, divenuto famoso poiché vi si ritirò Giuseppe d'Argut, governatore di Ischia sotto Carlo di Borbone.
Prima di tutto è importante notare la strana assonanza fonetica tra Argut e Agharta, anche se questa può essere relegata solo alla mera coincidenza. L’elemento, invece, più importante è certamente un altro: il collegamento tra il culto di San Nicola e quello solare anticamente, come abbiamo visto, già praticato in loco. È incredibile notare come la basilica di San Nicola a Bari e la chiesa sulla sommità del monte siano quasi perfettamente allineate dal punto di vista geografico. Questo lascerebbe intendere un collegamento importante, non solo nominativo, tra i due luoghi.
In prima battuta va rilevato la grande valenza esoterica del posto, dove ritroviamo contemporaneamente il culto solare e il mito di Agharta; in altre parole uno straordinario esempio pratico del famoso motto “come sopra così sotto”: il culto solare in superficie e quello di Agharta nelle viscere della terra. Tra l’altro nella descrizione classica della mitica civiltà sotterranea l’elemento fondamentale è proprio il culto del sole nero all’interno della terra cava.
Il culto solare è un retaggio vecchissimo che pone al centro delle credenze mistico religiose proprio l’astro celeste per eccellenza, inteso in primo luogo come generatore di luce e quindi di vita.
San Nicola è noto anche al di fuori del mondo cristiano perché la sua figura ha dato origine al mito di Santa Claus ossia del nostrano Babbo Natale. Si venera il 6 dicembre, proprio a ridosso del culto del Sol Invictus e con esso ha uno stretto collegamento. Questa festa pagana ripresa poi e inglobata nella celebrazione cattolica del Natale indica l’invincibilità del sole che, dopo il periodo invernale, torna ad allungare le giornate e le ore di luce. Rappresenta, quindi, simbolicamente la rinascita.
Il culto del sole e della rinascita, però, presuppone uno stretto collegamento complementare con la morte e con l’oscurità. Il monte Epomeo, dunque, racchiude in sé il ciclo completo con una forte valenza simbolica: morte e rinascita.
In natura e dal punto di vista astronomico questo ciclo è compreso nell’alternarsi della luna e del sole. L’etimo del nome Nicola deriva dall’unione di due parole greche “Nike” e “Laos” e significa quindi “Vincitore del Popolo”. Per gli antichi, infatti, la “Vittoria” era personifica dalla “Nike”. Questa divinità era l’immagine del potere invincibile di Zeus e di Pallade Atene. Quest’ultima era venerata anche con il nome di Atene Nike e non era alata poiché, essendo l’alter ego della divinità, non si poteva staccare da essa. Atena era inoltre, secondo la mitologia classica, la personificazione della sapienza, dell’agilità e della guerra. Essa era anche la regina del cielo e una delle dodici divinità più importanti dell’Olimpo, nonché una delle tante facce della Grande Madre e del suo archetipo la Dea Bianca, cioè la luna. Come si può quindi notare la figura di San Nicola è ambivalente e sintetizza e nasconde in sé il principio maschile e femminile.
Ecco che il ciclo si chiude e possiamo comprendere meglio la grande carica esoterica di questo posto: sole e luna, microcosmo e macrocosmo, morte e rinascita, buio e luce.
Tutto questo è solo leggenda? Non proprio. Personaggi insospettabili si sono occupati dell’argomento. La famosa astrofisica italiana Margherita Hack, per esempio, nel suo libro “Notte di stelle” riepiloga tutta la storia suggestiva di Agharta, arrivando persino a riportare una cartina di Max Fyfield, raffigurante in sintesi la Terra Cava e i suoi ingressi. Tra questi, come sottolineato con stupore dalla stessa Hack, figura proprio anche il Monte Epomeo. Stelle e anfratti sotterranei: come sopra così sotto.
Sogno e realtà: sono le due dimensioni tra le quali oscilla ogni individuo, costantemente, sin dalla nascita e in particolare in tenera età quando s’iniziano ad ascoltare le favole, ossia la prima forma di astrazione dalla realtà nel tentativo di tendere al sogno e alla pura fantasia. Tra le favole che maggiormente stimolano questo processo c’è senza dubbio “Alice nel paese delle meraviglie” dello del britannico Charles Lutwidge Dodgson, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Lewis Carroll: scrittore originale, fotografo e straordinario ideatore di indovinelli e sciarade inseriti anche nelle sue opere letterarie. Ha scritto libri di successo mondiale, solo apparentemente favole per intere generazioni di bambini, ma in realtà storie simboliche che parlano all’inconscio degli adulti che spesso nella loro supposta maturità confondono proprio sogno e realtà. “Un sogno non può essere realtà, ma chi decide cosa è e cosa non è?” dice il Cappellaio Matto nella recente trasposizione cinematografica di “Alice attraverso lo specchio”.
Alice attraverso lo specchio
Da pochi mesi è uscito nelle sale cinematografiche il film “Alice attraverso lo specchio” (titolo originario “Alice Through the Looking Glass”) prodotto dalla Walt Disney, diretto da James Bobin e interpretato da Mia Wasikowska, Johnny Depp, Anne Hathaway e Helena Bonham Carter. Il film è il sequel di “Alice in Wonderland” del 2010 ed è ispirato al romanzo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”.
La protagonista Alice Kingsley, dopo tre anni trascorsi in un avventuroso viaggio in Cina come capitano al timone della nave ereditata dal padre, finalmente torna a Londra e scopre che il suo ex fidanzato, lord Hamish Ascot, ha ereditato il controllo della compagnia del defunto padre. Il signorotto complotta per costringere la madre di Alice a vendergli la nave in cambio della propria casa. Dopo uno scontro con la madre, Alice segue una farfalla che riconosce essere il Brucaliffo e, attraversando magicamente uno specchio, fa ritorno in quello che è definito il “Sottomondo”. Proprio in questa dimensione magica la ragazza incontra alcuni personaggi straordinari già presenti dell’altra avventura: la Regina Bianca, il Bianconiglio, Pincopanco e Pancopinco, il Ghiro, Bayard e lo Stregatto; sono proprio questi ad informarla che il Cappellaio è diventato triste e solitario. Alice, allora, gli fa visita e tenta di consolarlo per convincerlo che la sua famiglia, data per morta anni prima, in realtà è ancora viva ed è sopravvissuta all'attacco del Ciciarampa nel "giorno orristraziante".
Così la Regina Bianca suggerisce ad Alice di consultare il Tempo in persona per convincerlo a salvare la famiglia del Cappellaio. Nel palazzo del Tempo Alice si imbatte nella Cronosfera, un oggetto con il quale è possibile viaggiare attraverso il tempo; per Alice, ormai non più bambina, ha inizio una nuova avventura in un mondo fantastico.
Non solo una favola
In primo luogo si può notare che in questa avventura Alice è cresciuta e, dunque, non è la più bambina annoiata “costretta” a rifugiarsi in un mondo fantastico per rimediare alla monotonia della lettura di un libro. Non solo siamo al cospetto di Alice ormai adulta, ma questa ha addirittura un ruolo importante come quello di capitano di una nave, lavoro che all’epoca dell’ambientazione del romanzo è prettamente maschile. Nel “sottomondo” questa volta non accede per caso, ma con la consapevolezza di un adulto. Questi elementi denotano la volontà dell’autore di rimarcare un percorso iniziatico e di maturazione della protagonista. Se, quindi, nell’avventura precedente gli aspetti preminenti sono la stessa ambientazione fantastica e surreale e gli strani personaggi che la popolavano, nella seconda avventura, invece, l’attenzione si sposta decisamente sul cambiamento e sulla trasformazione; non a caso, perciò, l’elemento centrale che accompagna tutto il film è certamente il tempo e il suo inesorabile incedere. Se, quindi, la chiave di lettura del primo film è necessariamente la crescita interiore verso la maturità, in questa seconda pellicola, invece, la crescita ha un aspetto spirituale: Alice è già matura e deve ora confrontarsi con il mondo, con il cambiamento e con il tempo. Quest’ultimo si può misurare solo attraversandolo, da qui la necessità di viaggiare nel tempo: vecchio e inesplorato cruccio dell’essere umano. Un viaggio nel tempo e attraverso il tempo, ma anche dentro sé stessa attraverso lo specchio. “Il tempo è un padrone crudele” si dice nel film. Viaggiare nel tempo è essenzialmente l’atavico tentativo di modificare il corso delle cose e degli avvenimenti, ma soprattutto il tentativo di modificare l’immodificabile. “Si dice che il tempo sia nemico dell’uomo” recita il Signore del Tempo, comunque allo stesso tempo “non si può cambiare il passato ma si può imparare da esso”. Non a caso il Signore del Tempo viene identificato come un dio bizzarro ed è chiaro, dunque, il riferimento a Cronos. Questo allarga la prospettiva al sistema ontologico di riferimento. Come in “Alice nel paese delle meraviglie” anche nel recente film esiste un preciso riferimento esoterico relativamente al rapporto piccolo – grande, ossia al microcosmo e al macrocosmo. Infatti, non appena Alice attraversa lo specchio diventa piccolissima e allo stesso modo sono piccolissimi anche i membri della famiglia del Cappellaio Matto. Proprio quest’ultimo è un personaggio centrale ed è la rappresentazione simbolica e mediata di Mercurio e di Hermes. L'origine dell'espressione “Cappellaio Matto” viene solitamente associata con l'uso del mercurio nella lavorazione dei tessuti anche dei cappelli; tale sostanza poteva avere effetti deleteri sul sistema nervoso degli artigiani che lo maneggiavano. Non è un caso che nel film il trucco usato per il personaggio interpretato da Johnny Depp riprende aspetti sintomatici dell'avvelenamento da mercurio che, per esempio, si può desumere dalla presenza di macchie arancioni sulla pelle. Mercurio, inoltre, era il messaggero degli dei, dio protettore dei viaggi, della comunicazione, dell'inganno e della divinazione. Tra gli altri ruoli Hermes era anche il portatore dei sogni e il conduttore delle anime dei morti negli inferi. Si evidenzia, dunque, lo stretto rapporto tra il tempo e la morte fisica e spirituale.
Un altro elemento certamente caratteristico del film è il Brucaliffo che, sebbene appaia in poche scene e in particolare all’inizio e alla fine del film, ha una valenza esoterica notevole, non fosse altro per il fatto che il piano narrativo si apre verso il fantastico proprio nel momento in cui Alice lo insegue. Il Brucaliffo si presenta nelle vesti di una farfalla blu, “animale spirituale” simbolo per eccellenza della metamorfosi e del rinnovamento; rappresenta la possibilità concessa a ognuno essere umano di avere una seconda possibilità per superare un ostacolo o una prova. Dal punto di vista simbolico è importante notare le fasi della trasformazione di questo animale: senza interventi esterni, infatti, passa dalla condizione di bruco a quella di larva e infine di farfalla; questo processo rappresenta la trasformazione spirituale. Una credenza popolare greco-romana, inoltre, considerava la farfalla simbolo dell’anima che esce dal corpo. Il Brucaliffo è, dunque, la voce interiore, quella che ci guida verso un percorso di maturazione e quindi di introspezione e soprattutto di “riflessione”.
L’elemento centrale: lo specchio
Nelle opere di Carroll l’elemento comune è la dicotomia tra sogno e realtà e anche nel film viene messo in bene in evidenza, supportato dai sapienti e ben congegnati effetti speciali. Reale e surreale si confondono e si sovrappongono. Nel film, in particolare, tra i due stati si passa necessariamente proprio attraverso lo specchio. La scena di questo passaggio nel libro viene così descritta: “L'istante dopo, Alice passava attraverso lo specchio e vi saltava agilmente dentro. ’Che divertimento sarà, quando mi vedranno attraverso lo specchio e non potranno toccarmi!’. Poi cominciò a guardarsi intorno e notò che tutto ciò che poteva essere veduto dalla vecchia stanza era comune e poco interessante, ma che tutto il resto era completamente diverso”.
Lo specchio è certamente un elemento ricorrente nelle favole, basti pensare per esempio anche a Biancaneve e riveste una grande valenza esoterica e simbolica.
Tutto ciò che è atto a mostrare noi stessi a noi stessi induce a due differenti comportamenti: ritrarci o restare. Lo specchio, in tal senso, è un potente strumento di conoscenza o di punizione, un oggetto - ponte fra realtà e fantasia. La parola specchio deriva dal latino “speculum”, ossia “specere” (guardare, osservare). “Speculum” ha poi anche una correlazione con il termine “speculare” ossia esaminare con attenzione e scrutare oltre. Guardare oltre proprio come lo sguardo che diviene “veritas” quando riflette il dentro e “vanitas” quando diviene contemplazione di sé. Lo specchio è deformante per definizione: restituisce un’immagine inversa di quella reale, quindi irreale. Mettersi di fronte a uno specchio significa prendere coscienza del sé esteriore ed interiore in maniera assoluta; significa cioè conoscere sé stessi. Ogni conoscenza è un cammino verso e oltre sé stessi e questo reca necessariamente un dolore. L’elemento importante da notare è il capovolgimento della realtà e di “riflesso” di sé stessi, tipica per esempio dell’iniziazione massonica: lo specchio riflette la propria immagine esteriore, ma induce anche alla riflessione dei pensieri che, invece, è un lavoro interiore. Per tale motivo nell’iniziazione massonica troviamo la fase in cui l’iniziando trascorre del tempo in un “Gabinetto di Riflessione”, antistante il tempio massonico, ma separato dal medesimo, ove mediante la presenza di simboli posti all’interno, il soggetto stesso attua il capovolgimento del proprio stato.
Alice attraverso lo specchio rappresenta, dunque, tutto questo: una favola per adulti che indica in maniera mediata un percorso di crescita attraversando sé stessi e il tempo, perché come viene ribadito nel film “l’unica maniera di ottenere l’impossibile è pensare che sia possibile”.
«La cattedrale contiene nelle sue sculture e nella sua geometria l'alfabeto necessario per decifrare il libro di cui è l'incarnazione». Lo scrittore ed egittologo francese Christian Jacq descrive così quella che può essere considerata la struttura architettonica certamente più significativa e rappresentativa di un’epoca tanto buia quanto affascinante: il Medioevo. Le prime cattedrali gotiche hanno fatto la loro comparsa a cavallo dell’anno Mille, prima in Francia e poi nel resto d’Europa. La maggioranza degli storici dell'arte collegano il termine “gotico” ai Goti, additati dalla cultura classica romana come una civiltà assolutamente barbara e rozza. Una spiegazione differente è offerta, invece, da Fulcanelli, uno sconosciuto scrittore dell’inizio del secolo scorso, nel suo affascinante volume “I misteri delle cattedrali”: «L'art gotique altro non è che una deformazione ortografica della parola argotique, la cui omofonia è perfetta. La cattedrale, dunque, è un capolavoro d'art goth o d'argot. I dizionari definiscono la parola argot come il linguaggio particolare di tutti quegli individui che sono interessati a scambiarsi le proprie opinioni senza essere capiti dagli altri che stanno intorno».
L’origine delle cattedrali
Il termine “cattedrale” deriva dal latino “cathedra” e indica il sedile destinato all’autorità ecclesiastica del vescovo.
La diffusione delle cattedrali gotiche si concentra soprattutto intorno al XII secolo, con un aumento esponenziale e improvviso delle nuove costruzioni. Già in questa prima considerazione si estrinsecano il mistero e allo stesso tempo il fascino che alimentano la leggenda legate a queste strutture imponenti. In particolare, la loro diffusione avviene proprio nel periodo in cui i Templari ritornano in Francia dalla Terrasanta, dove avevano stabilito il loro quartier generale nel luogo in cui una volta sorgeva il Tempio di Salomone, un edificio dal grande fascino esoterico. Alcuni studiosi avanzano l'ipotesi secondo la quale furono proprio i Templari a far costruire le cattedrali, dopo aver ritrovato nei sotterranei del loro quartier generale le carte che contenevano i progetti e i principi armonici utilizzati per la costruzione del Tempio di Salomone, tramite le conoscenze iniziatiche del leggendario architetto Hiram e precise indicazioni contenute in alcuni versetti biblici.
Le cattedrali hanno dimensioni enormi rispetto alla singola persona e in rapporto all’apparato urbanistico dell’epoca. Oltre a una funzione prettamente religiosa, in alcuni casi erano anche il luogo di ritrovo per le pubbliche riunioni.
La cattedrale rappresenta ed esprime la ritrovata sicurezza materiale e spirituale dopo l’incubo catastrofista dell’anno Mille. Caratteristico e degno di nota è certamente il verticalismo e la spiccata propensione allo sviluppo in altezza verso il cielo, quasi a voler stabilire e ritrovare il contatto con il divino. Questa peculiarità si esprime in particolare tramite il campanile; questa struttura architettonica, introdotta già tra l’VIII e il IX secolo, viene valorizzata ulteriormente proprio nell’ambito dello sviluppo dell’arte gotica. Il campanile nello specifico rappresenta l’albero della vita: nella cultura medioevale a ogni raffigurazione corrisponde un significato più elevato, nascosto e simbolico. Molto spesso proprio lo stesso simbolismo è strettamente collegato al sacro e all’esoterismo. Lo stesso albero della vita, per esempio, richiama le conoscenze mistiche e cabalistiche.
Un altro elemento importante è certamente la luce, filtrata all’interno delle cattedrali attraverso le imponenti vetrate o i rosoni frontali. All’interno, così, si creavano ammalianti giochi di chiaro scuro sui pavimenti e sulle pareti, in alcuni casi in corrispondenza di date particolari come solstizi o equinozi.
Una funzione importante, inoltre, è quella didascalica ed educativa; infatti, le cattedrali rappresentano veri e propri libri di pietra per i fedeli. In particolare, spesso, rappresentavano delle forme di indottrinamento delle tematiche bibliche tramite le raffigurazioni dei racconti dello stesso libro.
La struttura
Molto probabilmente la maggior parte delle cattedrali sono state costruite su preesistenti luoghi “magici” ed energetici. Come altri edifici antichi (per esempio il Tempio di Salomone e Stonehenge) nelle cattedrali ritroviamo specifiche misure che fanno riferimento alla sezione aurea e sono inserite in una matrice geografica ben precisa: le cattedrali di Chartres, di Beauvais, di Amiens e di Reims si trovano, per esempio, tutte tra il 48° e il 49° parallelo. Un’altra funzione molto importante è quella astronomica; alcune cattedrali sono calendari di pietra con precisi riferimenti astronomici, in particolare alla costellazione della Vergine; ecco perché molte sono dedicate a “Nostra Signora”.
La struttura tipica della cattedrale ci riconduce a un parallelismo con la rappresentazione umana che santifica sé stesso votandosi a Dio: l’abside corrisponde al capo, la croce del transetto corrisponde alle braccia, la navata è, invece, il corpo e infine l’altare rappresenta il cuore.
La valenza simbolica della pietra da costruzione, inoltre, la pone in stretta connessione con il concetto della redenzione attraverso quattro tappe: incarnazione, passione, resurrezione e ascensione. La pietra viva, elemento primario per la costruzione, è paragonabile al corpo di Cristo e alla sua redenzione. Le tappe della redenzione sono assimilabili all’utilizzo della pietra per la costruzione: cavata, scolpita, costruita ed elevata.
In molte cattedrali gotiche, spesso, si ritrova nel punto di intersezione della navata con il transetto il tema del labirinto, come nel caso, per esempio, della cattedrale di Chartres. Proprio in questa cattedrale le varie parti della navata, del coro e del transetto sono in rapporto armonico tra loro e seguono la logica della scala musicale dell’ottava, studiata anche dalla scuola pitagorica. I maestri costruttori conoscevano, senza dubbio, tutti i rapporti dell’ottava musicale e l’applicavano geometricamente alle costruzioni.
Altro elemento importante è senza dubbio il rosone; spesso collocato in evidenza al centro della facciata o nella parte superiore. Il rosone è anche detto “ruota della fortuna” e simboleggia il mutare ciclico della sorte e del tempo, con l’alternarsi delle forze costruttive e distruttive. Il rosone avrebbe un collegamento diretto con il sole e in maniera più approfondita con la rosa e quindi con il femminino sacro e con la figura della Vergine. Generalmente il rosone ha sei, sette, otto e dodici petali: tutti numeri altamente simbolici e carichi di significato. A sei petali, per esempio, indica la stella a sei punte ovvero il cosiddetto” sigillo di Salomone”. A sette, invece, fa riferimento all’ordine settenario del cosmo e del tempo (sette giorni e sette direzioni dello spazio). A otto petali simboleggia la rigenerazione e il concetto della rinascita e dell’infinito. Infine, a dodici petali rappresenta il numero degli apostoli, i segni zodiacali e i mesi dell’anno.
Un tema ricorrente è senza dubbio il peccato e la continua soggezione che i fedeli dovevano provare nei confronti della religione e di riflesso quindi delle stesse gerarchie ecclesiastiche. L’altro tema fondamentale è il bestiario, ossia la raffigurazione di animali reali o fantastici con precisi significati esoterici. A questo bisogna aggiungere i lapidari e i florari, ancora una volta in chiave simbolica. In particolare, tra gli animali più raffigurati troviamo il pavone simbolo dell’immortalità, l’aquila emblema solare, l’agnello come animale sacrificale, l’ariete indicante l’ardore del creatore, la lepre come simbolo della lussuria e della fecondità, la salamandra strettamente collegata al fuoco, le api collegate alla diligenza e all’eloquenza, la colomba associata allo Spirito Santo, il gallo associato alla resurrezione e il leone che ci riconduce alla figura di Salomone e alla Vergine.
Gli aspetti esoterici
Come si può notare l’intera struttura classica della cattedrale nasconde una carica esoterica e simbolica notevole. Proprio a proposito, per esempio, delle numerose raffigurazione del leone, questo è strettamente connesso alla Vergine. È quindi importante notare come le cattedrali francesi dedicate proprio a "Nostra Signora”, cioè alla Vergine, non siano state costruite a caso, ma secondo un progetto unitario ben preciso, tendente a ricreare in terra un’immagine speculare della costellazione della Virgo o Vergine, in accordo con il famoso motto esoterico “come in cielo così in terra”.
Esiste, poi, di certo una contiguità tra la costruzione delle cattedrali e la massoneria che a sua volta si ricollega alla tradizione templare. Il rapporto simbolico della massoneria con la pietra si può rintracciare in primo luogo nella locuzione “free stone” che in Inghilterra rappresentava una pietra particolarmente adatta a essere modellata dallo scultore e dal costruttore. Questo in ambito massonico indica il lavoro di levigazione che dovrebbe ricevere l’anima grezza dell’iniziato. Non a caso proprio con la comparsa delle prime cattedrali si stabilizza la figura del maestro con funzioni di ingegnere, architetto e direttore dei lavori. Una figura, quella del maestro, presente anche all’interno delle logge massoniche. Da notare, inoltre, che proprio la massoneria ha come entità di riferimento “il grande architetto” che è un richiamo diretto alla costruzione materiale e simbolica.
Come detto le cattedrali servivano anche per le riunioni, in particolar modo delle corporazioni dei mestieri medievali; essi si riunivano in un ambiente riservato del cantiere di costruzione detta “loggia”, termine questo poi mantenuto anche in seno alla massoneria e indicante proprio il luogo per le riunioni dei fratelli massoni.
La cattedrale rappresenta anche la summa della sapienza alchemica. Esiste, infatti, una relazione diretta tra la pietra filosofale e la pietra angolare: i costruttori simbolicamente erigevano le cattedrali tenendo conto della pietra angolare sulla quale Gesù ha costruito la sua chiesa. Da notare che la pietra filosofale è detta anche “pietra maestro d’angolo” o semplicemente “angolare”.
Secondo Fulcanelli la costruzione in epoca medievale delle grandi cattedrali gotiche ha permesso a un sapere antichissimo di prendere corpo e immagine nella pietra, nel legno e nelle vetrate; i colori di queste ultime, per esempio, erano trattati alchemicamente e servivano per rappresentare i simboli della fede cristiana e della cabala. Per esempio, la parte inferiore del portale chiamato del “Giudizio Universale” nella facciata di Notre-Dame di Parigi, contiene precisi riferimenti alla simbologia alchemica: vi compaiono, tra le altre cose, l’athanor (il forno o crogiuolo degli alchimisti), una donna che addita un corvo (che simboleggia lo stato iniziale dell’opera alchemica) e un cavaliere che addita un leone (elemento fisso dello zolfo).
Ecco perché, riprendendo la dichiarazione iniziale, Jacq sentenzia: «Libro aperto, perché offerto agli occhi di tutti; libro chiuso, perché il nostro pensiero e la nostra vita devono essere in armonia con il messaggio della cattedrale, se vogliamo riuscire a percepirlo».