Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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Giorgio Baietti è un giornalista indipendente, laureato in lettere e in Sociologia e insegnante di filosofia e storia. Dal 1986 si occupa del mistero di Rennes le Chateau sul quale ha scritta vari saggi, due romanzi e un racconto. L’ultimo libro, uscito recentemente, è I Catari e il loro mistero nel quale analizza l’affascinante ricostruzione storica di una vicenda mai chiarita del tutto.
Conosciamo da vicino la vicenda dei Catari attraverso le pagine del recente libro di Giorgio Baietti.
Partiamo prima di tutto dal titolo del libro. Perché si tratta di un mistero?
Mistero: una parola di sette lettere che vale un intero alfabeto di storia e emozioni. Così potrei iniziare a parlare dei Catari e del loro sogno che si è fatto realtà nella notte dei tempi in una zona dell’odierno sud della Francia (non come la intendiamo oggi ma Provenza, ossia una zona con una propria lingua, usi e costumi del tutto differenti da quelli francesi). La vita dei Catari era improntata alla ricerca quotidiana di quello che sarebbe avvenuto dopo la loro morte fisica quando lo spirito avrebbe raggiunto, finalmente, la beatitudine eterna; sarebbe ritornato a casa. Custodivano un grande segreto e un altrettanto grande tesoro che non era fatto di oro e pietre preziose ma che per loro valeva il sacrificio della vita terrena.
Inquadriamo brevemente il periodo storico di riferimento. Chi erano dunque i Catari?
Catari deriva dal greco katharoi, i “puri”; si tratta di un termine che usiamo per comodità ma, in realtà, i diretti interessati, non si chiamavano in questo modo, preferendo il termine generico di “Buoni uomini” e “Buone donne” oppure “Buoni cristiani”. Sono stati erroneamente identificati anche come Patarini, Bogomili e Albigesi; tutti nomi che sfioravano il loro credo ma non lo comprendevano del tutto. Usiamo, comunque, l’appellativo Cataro che, ad ogni modo, richiamando la purezza è perfettamente calzante per nominarli.
I Catari erano i seguaci di una religione dualista, basata sul rifiuto dell’Antico Testamento e della materia. Credevano in due divinità; una vera e propria, il Dio dello spirito da loro amato e seguito e il Rex Mundi, ovvero il “re del mondo materiale”, emblema di tutto ciò che era tangibile e corruttibile, cioè i tipici beni terrestri e la ricchezza. A partire dal 1163 si comincia a parlare di loro per bocca dell’abate Ecberto di Sconau che li identifica con tale appellativo. Quattro anni dopo, nel 1167 si tenne il primo concilio a Saint-Félix-de-Caraman, nei dintorni di Tolosa, in cui si posero le basi per la chiesa catara alla presenza del Pope Niceta, alto rappresentante della chiesa Bogomila della Bulgaria da cui i Catari mutuarono diversi aspetti.
Quali erano le basi teologiche e religiose di questo movimento?
Essenzialmente credevano nel Vangelo e, in particolare, in quello di Giovanni. Come detto, rifiutavano l’Antico Testamento che, secondo il loro credo, non era stato dettato da Dio ma dal Rex Mundi, ossia la divinità preposta alla materia e, come tale, non degno di essere pregato e adorato. Solo lo spirito contava per i Catari e l’unico Dio in cui credevano era quello dei cieli, dell’immanente, dello Spirito puro.
Parliamo di un aspetto particolare: l’importanza della donna nella cultura catara che sfocia anche, per esempio, nell’adorazione per Maria Maddalena.
Sì, la donna aveva un ruolo di primissimo piano nell’universo cataro e non era raro trovare a capo di una comunità religiosa proprio una donna che poteva tranquillamente diventare “Perfetta”, ossia colei che ricevendo il sacramento supremo del Consolamentum morendo, naturalmente o col suicidio tramite Endura, saliva direttamente al cielo, diveniva un tutt’uno con il Dio dello spirito, la vera e unica divinità considerata tale e adorata.
Ciò che è fondamentale sottolineare riguarda il ruolo femminile che era del tutto simile e uguale a quello maschile; uomo e donna potevano rivestire le medesime funzioni e affermare questo, nel dodicesimo secolo, è già di per sé qualcosa di enorme.
Una piccola precisazione: sarà proprio una donna a manovrare la catapulta che ucciderà Simon de Montfort (il condottiero delle truppe del Papa che guidava la Crociata contro i Catari) sotto le mura della città di Tolosa.
Quali erano le loro pratiche religiose? Avevano dei rituali particolari?
Innanzitutto avevano alcune preghiere specifiche, prima fra tutte il Padre Nostro che era simile a quello dei cattolici ma aveva una piccola e significativa variante: al posto di “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, loro recitavano “Dacci oggi il nostro pane sovrassustanziale”, ossia un “pane” di nutrimento per l’anima, l’unica cosa che interessava loro; il corpo fisico era del tutto trascurabile. Altra preghiera (nel mio libro vi è un’intera appendice scritta apposta per elencare le loro preghiere e invocazioni) molto significativa era il “Padre Santo” di cui trascrivo i primi passaggi: “Padre Santo, Dio legittimo degli Spiriti buoni che non hai mai ingannato, mentito né errato, né esitato per paura della morte a discendere nel Mondo del Dio straniero, perché noi non siamo del Mondo né il Mondo è nostro, concedi a noi di conoscere ciò che tu conosci e di amare ciò che tu ami”.
Il loro credo più importante in assoluto era, come visto, il Consolamentum che si otteneva dopo un percorso di vita molto particolare e con l’accortezza di avere un rapporto minimo col mondo materiale e, ad esempio, con il consumo di carne e con la pratica dell’ascetismo e della castità. Una volta ottenuto questo sacramento ci si poteva tranquillamente suicidare per raggiungere il prima possibile il mondo spirituale e il vero Dio. Questo suicidio si chiamava Endura e si poteva ottenere in vari modi: con bagni bollenti e gelidi per avere una congestione polmonare oppure lasciandosi morire di fame, di sete e di freddo, ad esempio, in cima a una montagna (e le vette dei Pirenei rappresentavano la migliore soluzione) immergendosi nella neve e nel ghiaccio e aspettando la fine guardando il sole nascente.
Qual è stato il rapporto con la Chiesa Cattolica?
Bisogna subito precisare che i Catari non odiavano la Chiesa di Roma; non vi era alcun risentimento nei confronti del cattolicesimo e dei suoi esponenti, dal Papa all’ultimo dei sacerdoti. I Catari seguivano i propri dettami religiosi e il proprio stile di vita e non criticavano chi la pensava diversamente. Erano un esempio di rettitudine per la gente dei villaggi che, come si dice, “aveva gli occhi per vedere” e per giudicare. Purtroppo buona parte del clero locale del tempo era corrotto e non si prendevano i sacri voti, come avviene oggi per una precisa e motivata scelta esistenziale, ma si diveniva sacerdote, spesso, per avere un ruolo importante all’interno della comunità e godere di privilegi prettamente materiali. La gente dell’epoca confrontava questi due stili di vita e si sentiva attratta dai Catari e dal loro comportamento ineccepibile. La chiesa, proprio per queste scelte, comincia a nutrire un certo fastidio che aumenterà fino ad assumere un vero e proprio astio che papa Innocenzo III trasformerà a proprio uso in una terribile crociata.
Perché furono perseguitati e trucidati? Quali potrebbero essere le ragioni più nascoste?
La crociata era in aspettativa da alcuni anni e trova la causa scatenante in un omicidio ossia quello di Pierre di Castelnau (1170 – 1208), un frate cistercense divenuto poi legato straordinario di papa Innocenzo III e da questi inviato appositamente nelle “terre catare” con lo scopo di estirpare l’eresia o, almeno, dare un duro colpo a coloro che il pontefice definiva “l’immonda lebbra del sud”. Catelnau insieme a tre confratelli percorre in lungo e in largo la Linguadoca per portare a termine il suo compito, con il controllo di Domenico di Guzman, il futuro san Domenico. La tortura a cui sottopone molte persone catare o ritenute tali gli attira un odio sempre crescente e la mattina del 16 gennaio 1208 è ucciso (vi sono due versioni, o pugnalato o trafitto con una lancia) sulle rive del fiume Rodano. Responsabile è ritenuto il conte Raimondo VI di Tolosa, celebre protettore dei Catari e per questo la furia papale si abbatte su di loro. Il motivo scatenante è questo ma vi sono cause nascoste e sicuramente più importanti e che toccano, come sempre nelle guerre, l’aspetto economico. La Linguadoca era una terra ricca, sicuramente molto più ricca della Francia del nord e i principi di quelle terre non vedevano l’ora di mettere le mani su quelle ricchezze; la crociata religiosa diventa lo spunto perfetto per mettere in pratica i loro desideri materiali e per nulla spirituali. Un ultimo aspetto potrebbe riguardare il Santo Graal che, voci sempre più diffuse davano come oggetto posseduto dai Catari e, quindi, un ulteriore spinta a occupare le loro terre.
Parliamo di Montségur.
É un luogo bellissimo, denso di storia e di fascino; un nido d’aquila che svetta su un pane di roccia di 1250 metri di altitudine nel dipartimento dell’Ariège a una cinquantina di chilometri da Rennes le Chateau. La fortezza è stata costruita nel 1204 grazie a Raymond de Péreille, signore del luogo, proprio per dare rifugio ai Catari che fuggivano dall’inquisizione e sorge sulle rovine di un antico tempio la cui origine si perde nella notte dei tempi e che, sicuramente, all’origine era un tempio solare. Ancora oggi, infatti, al solstizio d’estate il sole attraversa interamente la struttura, da est a ovest, sfiorando la cima dell’altra montagna dei misteri, il Bugarach. L’assedio alla fortezza simbolica dei Catari (non l’ultima che sarà, invece, Queribus) ha inizio a aprile del 1243 e si conclude praticamente un anno dopo, il 16 marzo 1244. La notte del giorno precedente, 15 marzo, quattro Perfetti scendono con grande fatica da quei dirupi portando un oggetto, un “qualcosa” che non doveva finire nelle mani dei nemici. Messo in salvo il loro tesoro, qualunque cosa fosse, ci si poteva arrendere, il compito era concluso. All’alba del 16 marzo, duecentoventidue Catari scendono dalla montagna e rifiutano di abiurare la loro religione e, volontariamente, si gettano nell’immane rogo che è stato allestito lì alla base e che, da quel giorno, si chiamerà per sempre “Campo dei Cremati”. Dalle loro bocche ormai invase dal fumo e dalle fiamme non si levano maledizioni nei confronti degli aguzzini ma parole d’amore, l’ultimo messaggio di chi sa che tra poco avrà la beatitudine celeste : il vero motivo per vivere.
Quali potrebbero essere le connessioni con la vicenda di Rennes-le-Chateau?
Rennes le Chateau è al centro di un territorio chiamato tutt’oggi “Paese Cataro” e basta recarsi in quella stupenda regione del sud della Francia per constatarlo di persona; le carte turistiche contrassegnano in questo modo la zona che da Carcassonne scende verso i Pirenei, risalendo il corso del fiume Aude. Anche se Montségur, simbolo vivente del martirio dei Catari è in un altro dipartimento, l’Ariège, è proprio nei dintorni di Rennes le Chateau e i suoi villaggi attigui (Rennes les Bains, Couiza, Alet les Bains, Bugarach) che si respira nell’aria il loro ricordo indelebile. É come se ci fossero ancora, come se il loro credo e il loro insegnamento vibrassero nel vento che soffia, nell’acqua che scorre, nell’atmosfera che è impregnata di questo stile di vita che è stato volutamente annientato.
Volendo restare con i piedi per terra e non dar retta alle sensazioni, basiamoci sulle esperienze dirette e posso garantire che in tutti gli anni che sono stato in quella zona (dal 1986) ho potuto constatare che per molta gente del luogo, il catarismo è ancora presente, è considerato come parte integrante del territorio ed è una religione che, seppur non praticata, è viva e pulsante. Un ricordo lontanissimo eppur così vicino.
La vicenda di Rennes le Chateau e del suo parroco Bérenger Saunière non è direttamente collegata ai Catari ma vi sono, tra le svariate ipotesi sul favoloso tesoro, precisi riferimenti al Santo Graal (le prime lettere dei nomi dei santi le cui statue sono state collocate nella chiesa del villaggio da Saunière in persona darebbero una indicazione: Germana di Pibrac, Rocco, Antonio Abate, Antonio da Padova, Luca evangelista: G R A A L) e il favoloso oggetto materiale o spirituale che fosse, è strettamente collegato ai Catari e si ipotizza che sia quello che quattro Perfetti portano via da Montségur durante l’ultima Pasqua celebrata nella fortezza prima che capitolasse e tutti gli occupanti finissero volontariamente nell’immenso rogo nella vallata sottostante. Si pensa che uno dei luoghi in cui il misterioso e preziosissimo oggetto venne nascosto fu proprio Rennes le Chateau.
Cosa rimane oggi del catarismo?
Un ricordo, un sogno, un’idea. É una religione scomparsa ma che ha lasciato tracce invisibili ma altrettanto concrete la cui eco si può trovare in quella regione della Francia meridionale, nei corsi d’acqua, nelle rocce delle montagne, nel vento che soffia perenne su quelle cime e che sembra lasciare ancora oggi i loro sospiri e il loro messaggio. Basta recarsi in questa zona e chiudere gli occhi e si potrà vedere chiaramente.
«I cosiddetti Pitagorici, che furono i primi ad occuparsi di matematica, non solo la fecero progredire, ma nutrendosene immaginarono che i suoi principi fossero i principi primi di tutte le cose ... supponevano che i numeri fossero i principi di tutta la natura e che gli elementi numerici costituissero tutti gli enti e che tutto il cielo fosse armonia e numero. Raccoglievano sistematicamente tutte le omologie tra i numeri, le armonie musicali e i fenomeni celesti, tra le parti e il tutto. Se qualcosa mancava si adoperavano perché tutta la faccenda risultasse coerente». Nell’opera Metafisica di Aristotele queste considerazioni hanno storicamente posto le basi di una particolare disciplina.
La numerologia, infatti, è quella branca dell'esoterismo che attribuisce ai numeri non solo un valore meramente matematico, ma li mette in relazione con aspetti della natura e soprattutto degli esseri umani.
L'attribuzione di un valore simbolico ai numeri si definisce più propriamente «simbolismo numerico» e include l'aritmologia; il termine numerologia, invece, viene utilizzato per indicare sistemi complessi finalizzati principalmente alla divinazione. La numerologia e la divinazione numerologica erano pratiche popolari nel mondo antico, soprattutto tra i seguaci di Pitagora.
L'associazione di significati simbolici ai diversi numeri è antichissima e universale: ne parlano il testo indiano Veda, quello cinese Libro dei Mutamenti e l'egiziano Libro dei morti.
Francesca Venturini, conosciuta anche come Zelda Lorelei, è studiosa ed esperta di tarologia, numerologia esoterica ed evolutiva e radiestesia con pendolo ebraico. Appassionata, inoltre, da sempre al mondo esoterico e alla magia popolare, ha intrapreso da anni un percorso di conoscenza e approfondimento in particolare delle tematiche riguardanti la numerologia.
In questa intervista cercheremo di approfondire i contorni di una scienza tanto affascinante quanto misteriosa.
Tracciamo un breve profilo storico.
Possiamo definire la numerologia come pseudoscienza psichica ed esoterica che studia il significato dei numeri. Attraverso la data di nascita, nome, cognome e anche soprannomi si può stilare un quadro preciso sui propri doni, talenti, punti di forza, debolezze, zone conflittuali, memorie genealogiche (tutte quelle situazioni irrisolte che ci sono state tramandate dai nostri avi e definite come "spazzatura" perché da smaltire), nodi karmici e molto altro; tutto questo porta ogni singolo individuo a una conoscenza e consapevolezza del vero se' interiore.
La numerologia era utilizzata già nel 3.000 A.C. dai Caldei e dagli Egizi i quali la consideravano una scienza sacra; così già alla nascita stilavano una tavola numerologica. Storicamente già i Sumeri introdussero il sistema sessagesimale per il computo di ore, secondi e minuti; tenendo conto di questo sistema attribuivano, inoltre, ai numeri un vero e proprio potere sacro e magico.
Anche Pitagora se ne occupò in maniera sistematica attraverso gli studi condotti nella sua scuola. Affermava, infatti, che ogni cosa è riconducibile a un numero e che quindi inevitabilmente i numeri e la materia sono collegati; personalità, sentimenti e in generale tutte le situazioni possono essere percepite e interpretate attraverso l'essenza dei numeri. Ogni numero inoltre ha una sua vibrazione.
In seguito la numerologia, in tempi più recenti, è stata poi bandita dalla chiesa perché considerata metodo divinatorio, magico e addirittura demoniaco.
Cosa tratta quindi nello specifico questa disciplina?
Questa disciplina, in sintesi, studia i numeri e ci aiuta a dare un collegamento tra il mondo visibile e quello invisibile, basandosi su conteggi ben precisi riguardanti: nome, cognome, data di nascita completa ed alcune altre poche informazioni. Un mezzo per conoscere noi stessi nel profondo, aumentando il grado di consapevolezza e coscienza, oltre che a comprendere il perché di certe nostre abitudini funzionali e disfunzionali, migliorando così la qualità della nostra vita.
Con la numerologia possiamo scoprire anche cosa ci ha condizionati già nell'utero materno. Sappiamo, infatti, che il feto è una spugna che già prima di arrivare al mondo ha assorbito anche ciò che madre e padre hanno vissuto durante tutta la gravidanza. Ricordiamoci che arriviamo al mondo, secondo questa teoria, già con un trauma che ci trascineremo dietro: ecco l'importanza di "conoscere" per poter superare tutto questo. Quando dico superare intendo trasformare debolezze in punti di forza e spinte evolutive. Niente accade per caso. Personalmente, da tutto ciò che ho studiato e verificato, posso affermare che il caso non esiste.
Cosa è dunque in questa prospettiva il segno inteso come numero? Cosa rappresenta?
Chi si occupa di matematica sa bene quale sia il fascino dei numeri. La valenza simbolica di essi è data da un valore qualitativo e da interazioni con elementi che strutturano l'universo. Da qui nasce un rapporto mistico e simbolico che l'uomo ha da sempre proprio con i numeri. Infatti, da un punto di vista spirituale per esempio, l'uno rappresenta l'unità, l'unicità, il principio, mentre il due non proviene dal raddoppiamento ma da una divisione e duplicazione dello stesso.
A tal proposito esiste un rapporto con la Cabala ebraica?
L'alfabeto ebraico è composto da lettere a cui è attribuito un numero. Nella cabala ebraica sono compresi una serie di insegnamenti esoterici con l'intento di comprendere la natura e lo scopo dell'essere umano e dell'universo. In passato veniva quindi utilizzata la numerologia con l'intento di comprendere e conoscere la natura dell'uomo e i vari messaggi universali.
Nella tradizione ebraica Dio, prima di creare il mondo, insegnò agli angeli proprio questo sapere. Quindi, lettere equivalenti a numeri, se sommati, offrivano un unico numero con uno specifico significato. Insomma, esistono varie metodologie di analisi.
Quali sono, dunque, le peculiarità dei vari metodi di utilizzo di questa disciplina?
In realtà, il mio pensiero è che ognuna di queste metodologie (perché di questo si tratta) porti ai medesimi risultati, più o meno. Lo scopo è un’esplorazione interiore. La numerologia esoterica da quella evolutiva si differenzia come procedura e accosta ogni risultato numerico a un arcano maggiore, quindi sempre con riduzione 22 (come il numero degli arcani maggiori). Bisogna avere anche un’ottima conoscenza di essi, non solo come metodo, se vogliamo divinatorio, ma esplorativo dell'essere umano che è quello che a me piace di più. Teniamo a mente che cambiare cattive abitudini, scoprire e superare paure inconsce, limiti, traumi sepolti, esplorando e lavorando su di sé, porterà poi benefici che andranno a fornirci strumenti per un futuro migliore. Quindi sono essenzialmente metodologie diverse. Per esempio, in quella evolutiva, si fa riferimento anche al nome e cognome. A me personalmente, piace utilizzarle entrambe intrecciandole.
Come esperta in tarologia posso affermare che i tarocchi uniti alla numerologia sono un eccellente coppia di lavoro.
Quindi, in sintesi, cambia il metodo e alcuni altri dettagli ma l'indagine che vogliamo svolgere ha lo stesso scopo.
Quali rapporti ci sono con i tarocchi?
Come detto prima, ogni risultato numerico, nella numerologia esoterica, corrisponde a un arcano maggiore che descrive perfettamente punto per punto tutti gli aspetti che vogliamo andare a indagare all' interno di una lettura di questo genere. Per fare un esempio concreto e facendo una semplificazione notevole: se hai un giorno di nascita con risultato numerico due, faremo riferimento al secondo arcano maggiore, cioè la Papessa e andremo a descriverne il significato più profondo e in che modo possa influenzare la nostra personalità. Ricordiamo sempre che i tarocchi sono uno strumento iniziatico molto potente per l'esplorazione interiore e il lavoro che dobbiamo fare è essenzialmente portare in contatto anima e mente.
Ci sono rapporti anche con la psicoanalisi?
Certo, anche Jung, noto psichiatra, psicanalista e filosofo, portò all'attenzione della comunità scientifica questa disciplina, considerando il numero come entità sacra e luminosa. Secondo la sua teoria, ogni numero rappresenta un archetipo dell'ordine, quindi i numeri sono degli ordinatori del campo energetico, una sorta di matrix divina, ossia la più primitiva espressione dello spirito. Riscontrò come certe immagini, vissute nei sogni e non facenti parte di esperienze personali, fossero invece innate nella mente dell'uomo e derivanti da un inconscio collettivo ma ereditate dal patrimonio genetico.
Quindi ogni numero è rappresentato da un archetipo corrispondente a caratteristiche ritrovate dentro ognuno di noi che, se espresse al meglio, permettono di manifestare e scoprire addirittura il nostro scopo di vita.
La numerologia può essere considerato uno strumento interpretativo della vita reale?
Assolutamente sì. Questo perché se ne può ricavare un quadro approfondito e chiaro sulla personalità dell'individuo, oltre alla scoperta delle motivazioni profonde di certi meccanismi, spesso disfunzionali, che continuino a ripetersi o sul perché non si riesca mai a sentirsi veramente noi stessi fino in fondo. Infine, porta in luce i nostri reali desideri, talenti e doni, in modo da poterli sfruttare al meglio, migliorando la qualità di vita.
Una disciplina molto affascinante che, come detto, ha attraversato i secoli per giungere a noi oggi e portare cambiamenti positivi nella nostra vita. Offre inoltre un quadro su aspetti di compatibilità di coppia, andando a fare un confronto, sempre numerico, tra due individui legati sentimentalmente: un aspetto che incuriosisce, credo, anzi ne sono certa per esperienza, la maggior parte delle persone perché l'amore, come anche i rapporti umani in generale, sono ciò che fanno muovere e smuovere in noi qualsiasi cosa.