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Notizie ANSA

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Centrale del Mercure una storia lunga dieci anni N.74 13/05/2011

Quasi, certamente, forse. Da oltre dieci anni la vicenda della centrale a biomasse del Mercure è stata costellata prevalentemente da queste tre parole. L’impianto elettrico situato nel comune di Laino Borgo, in provincia di Cosenza, ma a una manciata di chilometri dal confine con la Basilicata e precisamente all’interno del territorio del Parco Nazionale del Pollino è ancora tutt’oggi nella morsa della burocrazia e dei ricorsi. Un’intrica vicenda caratterizzata dal tutti contro tutti. Addirittura anche la comunità europea ha chiesto maggiori dettagli sulla vicenda. Si potrebbe profilare, dunque, lo spauracchio del procedimento d’infrazione per violazioni alle norme comunitarie. Allo stato attuale a Bruxelles si possono comunicare poche notizie: 70 milioni di euro investiti, ma l’impianto è ancora fermo. Perché? La vicenda risale al 2000. L’Enel, proprietaria della centrale costruita alla metà degli anni ’60, accettava di riconvertire una delle due sezioni da olio combustibile a biomasse. Inizialmente la decisione era accolta con entusiasmo alla luce di un possibile rilancio e sviluppo del territorio interessato e di una probabile ricaduta occupazionale. Anche l’Ente Parco dava il suo parere positivo alla riconversione. Passano i primi mesi, poi gli anni. Alle illusioni occupazionali subentravano le reali preoccupazioni ambientaliste. Il fronte del no, così, diventava sempre più ampio. Gli oppositori puntavano il dito sul quantitativo di legna necessario per produrre elettricità. Generalmente le centrali a biomasse hanno una potenza di quattro o cinque megawatt; quella del Mercure potrebbe arrivare, invece, a trentacinque. Per alimentarla servirebbe un grosso quantitativo di legna, molto più grande della disponibilità rintracciabile in zona. Questo significa che occorrerebbe importarla da fuori, alimentando un continuo via vai di tir sulle strette strade all’interno del parco. Si parla addirittura di circa mezzo milione di tonnellate l'anno di biomasse provenienti da tutta Europa e trasportate su strade di montagna da circa centocinquanta camion al giorno. Non è così, invece, per l’Enel. Il fabbisogno medio annuo di biomassa sarebbe stimato per l’ente in circa 340mila tonnellate a fronte di una produzione della zona che si aggira sul milione e mezzo di tonnellate. Il transito di automezzi pesanti potrebbe toccare la punta massima di una cinquantina al giorno. Sulla questione è intervenuta anche l’Avvocatura dello Stato di Potenza che ha recepito in un proprio documento le perplessità del fronte del no. L’Avvocatura, infatti, precisa: "Con ogni probabilità, se non con assoluta certezza, la centrale dovrebbe funzionare con la legna ricavata dal taglio degli alberi del bosco del Pollino, con la temibile conseguenza che nel parco si realizzerebbe non la conservazione della natura boschiva, ma un continuo disboscamento". Recentemente la regione Calabria ha emesso il decreto di riattivazione secondo quanto promosso dai giudici amministrativi; allo stesso tempo, però, la regione Basilicata ha ingaggiato un braccio di ferro appellandosi proprio al parere dell’Avvocatura e preparandosi al ricorso al Consiglio di Stato se necessario. Per ora gli alberi del Parco del Pollino non produrranno energia. Forse. Anzi quasi certamente.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.74 13/05/2011