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Attualmente redattore del mensile Mistero

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Notizie ANSA

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Acqua e petrolio il binomio dello sfruttamento N.82 09/07/2011

Te la do io l’America! O forse sarebbe meglio dire: Te la do io la Basilicata! Il celebre motto di Beppe Grillo questa volta riecheggia anche dalle nostre parti. Il comico genovese, ormai quasi completamente prestato alla politica, scopre la Basilicata e la porta all’attenzione nazionale grazie a un video pubblicato in questi giorni sul suo blog, uno dei più visitati e letti a livello europeo. Il titolo del video è eloquente: “La distruzione della Basilicata”. Undici minuti nei quali sono condensate le problematiche più importanti relative allo sfruttamento petrolifero. L’affare del petrolio lucano, ormai, sta varcando anche i confini nazionali; di recente, infatti, testate giornalistiche importanti, quali il Financial Times e il New York Times, si sono occupate della questione. Nel video messo online sul sito http://www.beppegrillo.it Felice Santarcangelo, portavoce pro tempore dell'Associazione No scorie Trisaia, tratteggia il contesto ambientale dentro il quale le multinazionali del petrolio si muovono. Secondo Santarcangelo le società petrolifere svolgono attività estrattive spesso senza adeguate tutele per il territorio e per i suoi abitanti. Il paragone con la Cina è presto fatto. Il territorio lucano, infatti, alla stessa stregua della nazione asiatica è terra di saccheggio da parte delle multinazionali: royalties esigue, mancanza di vincoli ambientali e profitti elevati. Un altro aspetto strettamente legato allo sfruttamento petrolifero è quello relativo all’inquinamento delle acque. L'inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere causata dalle trivellazioni - secondo il rappresentante di No Scorie Trisaia - sta raggiungendo livelli preoccupanti. La contaminazione delle acque in Basilicata è imputabile in particolar modo alla cattiva gestione dei depuratori delle acque reflue. Infatti, gran parte degli impianti dei comuni lucani presentano gravi problemi di funzionamento che si ripercuotono sul cattivo stato di salute dei fiumi, delle dighe e delle coste; particolarmente grave è, inoltre, la situazione delle foci fluviali. Il problema dell’inquinamento delle acque s’intreccia in maniera preoccupante con le attività di perforazione; per perforare in profondità, ossia oltre i quattro mila metri, è necessario l’utilizzo di sostanze chimiche altamente inquinanti. Queste sostanze in parte restano nel terreno, inquinando le falde, e in buona parte sono trattate in superficie come rifiuti pericolosi. Il nodo acqua – petrolio è, però, doppio. Da un lato le falde acquifere sono a rischio inquinamento, dall’altro notevoli quantitativi di acqua sono utilizzati in maniera intensiva proprio nei processi estrattivi. Nell’intero processo produttivo, infatti, occorrono otto barili di acqua per estrarre un solo barile di petrolio. Il Memorandum voluto da Vito De Filippo e da Guido Viceconte, giunto ormai alla firma definitiva il 5 luglio a Roma, vuole portare i barili estratti a circa 200 mila al giorno. Questo significa, considerato che un barile equivale a 159 litri, che il Memorandum regalerà ai petrolieri circa 250 milioni di litri di acqua al giorno: mezza diga del Pertusillo sacrificata in onore dell’Eni e della Shell. I possibili danni ambientali non finiscono qui precisa Santarcangelo: “La regione ha avviato il controllo sull’idrogeno solforato solo dieci anni dopo l’inizio delle trivellazioni. Il tasso ammissibile secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità non deve essere superiore a 0,05 parti/milione, mentre nella legislazione lucana è fissato a 30 parti/milione”. Sei mila volte superiore. La Basilicata è stata già trivellata già per il 60% e tra meno di cinque anni le risorse saranno esaurite. Che cosa resterà? Te la do io l’America, ma questa è lontana, in tutti i sensi.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.82 09/07/2011