San Giorgio e il drago
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Più volte nel corso di quest’opera abbiamo accennato al tema San Giorgio perciò è necessario un approfondimento che possa fornire informazioni integrative.
Le principali informazioni biografiche provengono dalla Passio sancti Georgii; secondo questa fonte, Giorgio nacque verso l'anno 280 in Cappadocia (regione dell'odierna Turchia), figlio di Geronzio e Policromia. I genitori lo educarono alla religione cristiana. Trasferitosi in Palestina, si arruolò nell'esercito dell'imperatore Diocleziano, comportandosi da valoroso soldato fino al punto di giungere a far parte della guardia del corpo dello stesso imperatore e divenendo poi ufficiale delle milizie.
Donò ai poveri tutti i suoi averi e davanti alla corte che lo inquisiva si confessò cristiano; all'invito dell'imperatore di adorare gli dei si rifiutò: secondo la leggenda venne battuto, lacerato e gettato in carcere dove ebbe una visione di Dio che gli predisse sei anni di tormenti, tre volte la morte e tre volte la resurrezione.
Dopo essere stato tagliato in due con una ruota piena di chiodi e lame, resuscitò operando la conversione del magister militum Anatolio con tutti i suoi soldati che vennero uccisi a fil di spada.
Entrò in un tempio pagano e con un soffio abbatté gli idoli di pietra; convertì l'imperatrice Alessandra che venne martirizzata.
A richiesta del re Tranquillino resuscitò due persone morte da oltre quattrocento anni, le battezzò e le fece sparire.
L'imperatore Diocleziano lo condannò nuovamente a morte e si lasciò decapitare, promettendo protezione a chi avesse onorato le sue reliquie le quali sono conservate in una cripta sotto la chiesa cristiana a Lydda (l'odierna Lod in Israele).
La festa liturgica si celebra il 23 aprile.
L’accoppiamento iconografica con il drago risale alla redazione del famoso testo della Legenda Aurea[i]. Si narra che in una città chiamata Silena, in Libia, vi fosse un grande stagno tale da poter nascondere un drago che avvicinandosi alla città uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava. Questo aspetto a livello simbolico pone le basi per inquadrare la figura del drago: il soffio, secondo una legge del contrappasso, è quello che Dio utilizzò per dare invece la vita ad Adamo ed è anche il catalizzatore dello spirito.
Gli abitanti del posto per placare la fame del drago gli offrivano due pecore al giorno, ma quando queste cominciarono a scarseggiare furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte. Un giorno fu sorteggiata la giovane figlia del re; questo, terrorizzato, offrì il suo patrimonio e metà del regno per salvarle la vita.
Dopo otto giorni di tentativi il re alla fine dovette cedere e la giovane si avviò verso il lago per essere offerta al drago. In quel momento passò il giovane cavaliere Giorgio il quale, saputo dell'imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa promettendole il suo intervento per evitarle la brutale morte. Poi le disse di non aver timore perché l'avrebbe aiutata nel nome di Cristo.
Quando il drago si avvicinò, Giorgio salì a cavallo e protettosi con la croce e raccomandandosi al Signore, con grande audacia, lo affrontò, lo ferì gravemente con la lancia e lo gettò a terra, poi disse alla ragazza di avvolgere la sua cintura al collo della bestia la quale prese a seguirla docilmente verso la città.
Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li tranquillizzò dicendo «Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro». Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago e lo fece portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.
Questa vicenda ha avuto numerose trasposizioni nell’arte prima e in letteratura e nel cinema poi; una rappresentazione abbastanza fedele, per esempio, è rintracciabile nel film del 1981 Il drago del lago di fuoco.
Al tempo delle crociate san Giorgio spesso compariva con l'epiteto O Τροπαιοφόρος (tropeoforo, il vittorioso) ed era associato alla divinità solare del Sol Invictus.
Secondo vari studiosi San Giorgio e San Michele sono eredi dell'immagine dell'eroe radioso che uccideva un drago, riveniente dalla trasposizione del mito solare della creazione il cui archetipo fu il dio babilonese Marduk[ii].
Nel medioevo la lotta di san Giorgio contro il drago diviene il simbolo della lotta del bene contro il male. Vari ordini cavallereschi portano oggi il suo nome e i suoi simboli: l'Ordine della Giarrettiera, l'Ordine Teutonico, l'Ordine Militare di Calatrava, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, il Reale e militare ordine di San Giorgio della Riunione e molti altri.
San Giorgio è stato eletto come primo patrono di un ordine cavalleresco nel 1201 dai sovrani di Aragona.
Nella vicenda si nota un triangolo simbolico inscindibile: il drago, il cavaliere e la donzella.
Il termine moderno “drago “deriverebbe dal latino draco, a sua volta derivato dal greco antico drakon che significa “serpente”; secondo altri studiosi l’etimologia va ricercata nel verbo “guardare”. Nel sanscrito antico, invece, questi esseri erano chiamati dragh-ayami, espressione che significava “allungare”.
In età romana lo raffiguravano come un serpente con due o quattro zampe, fornito di corpo spesso più di uccello che di rettile, ma dotato anche di lunga e micidiale coda: importante, questa, perché da Plinio in poi era risaputo che la forza del drago stava anzitutto proprio nella coda con la quale egli poteva stritolare il suo avversario per eccellenza, ossia l'elefante.
Il ricercatore e storico Franco Cardini espone un’interessante analisi simbolica riconducibile alle tre fasi dell’opera alchemica in collegamento alla vicenda di san Giorgio:
«San Giorgio rappresenta il principio maschile (o lo zolfo nel processo alchemico mentre il drago è il principio mercurale.
Il drago e la vergine nera nascondono la stessa cosa a livello simbolico ossia una verità sotterranea e nascosta.
Nella prima opera alchemica abbiamo il cavaliere, Ares ossia Dio della guerra, (San Giorgio) coperto di corazza e con la lancia (elemento fallico) è pronto per le nozze ottenute con violenza. La sposa è il drago, Aries (ariete), coperto invece di scaglie.
Nella seconda opera si cerca di coniugare lo zolfo (San Giorgio) con il mercurio (il drago) attraverso il processo solve et coagula che determina la sublimazione (Aquila a due teste) ossia il rebis androgino.
Nella terza opera si passa al forno che determina un uovo nuovo. Azione pericolosa perché potrebbe rovinare tutto. All’interno dell’uovo c’è la pietra filosofale a forma di rubino con cenere rossa, ossia l’elisir»[iii].
Ritroviamo, dunque, in maniera velata un altro elemento molto importante per i Templari, ossia l’iconografia della madonna nera, anch’essa ampiamente presente in Basilicata.
Nel territorio lucano ritroviamo un comune in provincia di Matera che riporta proprio il nome di San Giorgio Lucano e che presenta nello stemma cittadino la rappresentazione classica di San Giorgio nell’atto di infilzare il drago.
Enigmatico, ma forse in correlazione con quanto stiamo analizzando, è anche lo stemma del comune di Stigliano dove è raffigurato un cavaliere armato di lancia rappresentante il principe Eligio del Marra nell’atto di uccidere un drago presente nelle campagne di Gannano. La leggenda narra che nel momento del pericolo il principe abbia invocato la Vergine di Orsoleo in onore della quale poi eresse un monastero.
Come abbiamo visto nella raffigurazione della cripta della cattedrale di Acerenza, il drago può essere messo in relazione con la figura di Dracula e con la sua appartenenza all’Ordine del Drago.
Possiamo, inoltre, come abbiamo visto, fare riferimento agli stemmi di altri due comuni lucani dove è accertata la presenza dei Templari, ossia Melfi e Venosa. I due stemmi cittadini, come abbiamo visto, sono molto simili e riconducibili in qualche modo proprio a forme similari a quelle del drago.
Proprio a Melfi inoltre, come abbiamo visto, c’è la presenza di una chiesa rupestre intitolata a santa Margherita. Questa figura è la rappresentazione speculare al femminile di San Giorgio. Si narra, infatti, che santa Margherita di Antioca fosse corteggiata dal governatore romano Olibrio e che la imprigionò per farla desistere dalla sua fede cristiana. In cella la santa fu raggiunta da un demone sottoforma di drago che la divorò ma ella riuscì a squarciare le viscere nel mostro grazie alla sola forza della preghiera e a uscirne sana e salva.
[i] Da Varagine, J., Op. cit., p. 325.
[ii] Marduk è nella religione babilonese il "re degli dèi" ed è la divinità protettrice dell'antica città di Babilonia. Era considerato creatore dell'universo e dell'ordine civile, generato a partire dal caos primordiale. Viene simboleggiato dal pianeta Giove e il numero a esso dedicato è il 50.
[iii] Cardini, F., Mostri, belve, animali nell’immaginario medioevale.