Il (vero) Grande Fratello ci guarda - Aprile 2017
«Il Grande Fratello vi guarda». Dai grigi teleschermi riecheggiava in continuazione questa frase lapidaria, senza accento e con una tonalità piatta: l’eco impalpabile della voce era orami familiare e si disperdeva nell’aria, si diffondeva nelle case e nella testa dei cittadini di Oceania. Chi era il Grande Fratello? Nessuno l’aveva mai visto, non si conosceva quasi niente di lui, ma tutti erano pronti a giurare che esisteva.
Lo scenario descritto appartiene alla trama e all’ambientazione del famoso romanzo distopico “1984” di George Orwell. Un romanzo visionario e per alcuni versi profetico che per molto tempo ha influenzato in maniera pregnante la cultura occidentale antagonista al sistema.
Nella società descritta nel romanzo gli individui erano controllati in ogni momento e tutti ne erano perfettamente consapevoli: la privacy non esisteva più, la società si reggeva su poche regole imposte con gli slogan e la vita di ogni cittadino era completamente trasparente.
Negli ultimi decenni, in particolare, in virtù di uno strano e paradossale gioco al riduzionismo quando si parla di “Grande Fratello” tutti pensano alla famosa trasmissione televisiva dove i concorrenti sono “costretti” a restare in una casa senza poter uscire e vengono monitorati costantemente da numerose telecamere che proprio come occhi indiscreti li segue in ogni momento. Il risultato ultimo è che il romanzo dal quale ha preso spunto il programma televisivo è ora forse meno conosciuto dello stesso reality show.
1984 in fondo è solo un’opera di fantasia e il “Grande Fratello” è solo un programma televisivo di successo, sebbene l’idea di fondo ha la stessa matrice. La realtà, però, è un’altra cosa o almeno così dovrebbe essere. La stessa realtà che certe stupisce più di un romanzo.
Profilo storico del controllo sociale
Nel suo romanzo Orwell non ha fatto altro che esasperare un aspetto intimamente collegato alla natura umana. Da quando l’uomo infatti si è organizzato e strutturato in formazioni sociali aggregate, dapprima elementari e poi sempre più complesse, si può affermare senza ombra di dubbio che la dicotomia tra controllo e privacy è stata sempre un aspetto importante.
Sin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra la naturale propensione a vigilare sull’altro, sul vicino, sui familiari o sul nemico è sempre stata presente e per alcuni versi vitale e necessaria. In altri termini, la strutturazione già delle tribù primordiali implicava necessariamente l’imposizione di alcune regole, spesso anche tacite. È evidente che esiste da sempre un collegamento reale tra l’organizzazione di qualsiasi forma associata con la gestione del potere e del comando: i due aspetti sono complementari. Si crea, dunque, una triangolazione importante: organizzazione, potere e controllo. Quando poi le strutture di gestione del potere sono diventate ancora più complesse, di pari passo sono diventate sempre più raffinate anche le azioni di controllo sociale nei confronti degli individui. Con l’avvento dello stato moderno la spontaneità del controllo dai singoli è stata demandata all’autorità costituita e quindi a un soggetto esterno e non esistente fisicamente: il controllo diventava così impersonale, ma con una valenza sociale ancora più accentuata.
I concetti del controllo e della sorveglianza storicamente sono stati esaminati in maniera esemplare nell’opera “Panopticon” di Jeremy Bentham nel 1791. Il Panopticon era un progetto architettonico in cui controllo e potere erano plasticamente fusi insieme. La struttura prevedeva una costruzione a forma di anello con una torre centrale dotata di grandi finestre. Per effettuare il controllo era sufficiente posizionare un ispettore nella torre centrale: ogni individuo rinchiuso in una cella poteva così essere visto dal sorvegliante, ma a causa di persiane posizionate sulle finestre della torre non aveva mai la possibilità di vedere il suo controllore. I prigionieri, quindi, pensavano di essere sempre controllati e sorvegliati in ogni momento.
Nell’epoca attuale si sta vivendo un momento di passaggio importante nell’ambito della storia dell’uomo: l’utilizzo massiccio e massificato della tecnologia che ha cambiato radicalmente la società in molti aspetti. Proprio in questo periodo storico diventa preminente e prioritario il problema della privacy, il cui impianto giuridico volto alla tutela ha una storia quindi relativamente recente.
Le modalità utilizzate dal Grande Fratello per effettuare il controllo sono molteplici e in futuro diventeranno sempre più sofisticate ed evolute: telecamere, navigatori satellitari, cellulari, smart tv, controllo delle transazioni commerciali e finanziarie.
Proprio come nel Panopticon siamo controllati e sorvegliati e non ci rendiamo conto neanche con precisione da chi, poiché il Grande Fratello si nasconde, è subdolo e assume molteplici forme.
Il controllo finanziario e commerciale
Una delle modalità di controllo che si sta diffondendo largamente riguarda l’utilizzo delle carte di credito tramite le quali è possibile tracciare le transazioni finanziarie. Si va, infatti, decisamente verso il disincentivo all’uso del contante, fino forse al progressivo abbandono. Questo perché con l’utilizzo dei pagamenti elettronici, in accoppiata e con il supporto della moderna tecnologia, sarà molto facile tracciare, monitorare e controllare la nostra capacità di spesa e con essa ovviamente una serie di informazioni commerciali molto utili per le multinazionali. Ecco perché l’utilizzo delle carte di credito è incoraggiato: in molti casi gli stessi istituti bancari le regalano oppure offrono soluzioni flessibili come le carte ricaricabili soprattutto per i più giovani.
Un discorso simile a quello fatto per le carte di credito vale anche per le carte “fedeltà” distribuite copiosamente dai centri commerciali, dai supermercati, dai benzinai e dalle attività commerciali. Già il nome, “carta fedeltà”, dovrebbe far pensare a un’espressione mutuata direttamente dalla neolingua del libro “1984”. Il termine “fedeltà” spinge il consumatore verso la reiterazione dell’utilizzo ed è proprio questo l’obiettivo principale: più si utilizza più sarà possibile ricevere e immagazzinare dati utilissimi soprattutto per scopi commerciali. I supermercati che ci “regalano” una carta fedeltà per avere diritto a sconti sui prodotti hanno la possibilità di accedere a una quantità di dati su di noi che consentono di fare correlazioni di vario tipo. Lo scopo principale resta la profilazione dei clienti per monitorare le preferenze commerciali e di conseguenze proporre in futuro offerte personalizzate su misura.
Questa tipologia di controllo può essere considerata di primo livello, a basso impatto e mediamente invasiva.
Il controllo tecnologico
Una forma di controllo sociale più strutturata e di secondo livello è invece strettamente legata alla tecnologia. Una parte consistente del controllo potenzialmente si può effettuare attraverso uno strumento che ormai è diventato un oggetto indispensabile nella vita quotidiana di ogni individuo: lo smartphone. Quando Martin Cooper, direttore della sezione Ricerca e Sviluppo della Motorola, fece la sua prima telefonata da un cellulare il 3 aprile 1973 forse non immaginava che dopo quarant’anni con lo stesso dispositivo si sarebbe potuto fare di tutto, anche telefonare. “Anche” telefonare significa che con i moderni smartphone, in realtà, la funzione originaria e principale è diventata accessoria: infatti si possono mandare email, ci si può collegare a Internet, lo si può usare come navigatore satellitare o come strumento di pagamento. In altre parole, il medesimo dispositivo ha riunito in sé una serie di funzioni che in precedenza appartenevano ognuna a un singolo strumento. Ogni singola funzione testé descritta implica una forma di controllo. Con i moderni smartphone, infatti, rilasciamo continuamente informazioni: dove siamo localizzati grazie al GPS, quante volte ci siamo collegati a Internet e cosa abbiamo ricercato, le persone con cui abbiamo chattato, quante foto e video abbiamo fatto e i pagamenti che abbiamo effettuato. Per non parlare poi, per esempio, delle app soprattutto quelle legate al nostro benessere fisico che trasmettono in rete una serie di informazioni che riguardano il nostro corpo e la nostra salute.
L’altro aspetto fondamentale del controllo tecnologico riguarda proprio l’utilizzo di Internet. Tutte le ricerche che si effettuano in rete ovviamente sono controllabili e lasciano delle tracce indelebili. Quando, per esempio, si effettuano acquisti online o semplicemente si fanno ricerche finalizzate all’acquisto tutte le informazioni collegate vengono monitorate e conservate e risultano utili per effettuare una profilazione dei gusti e delle propensioni commerciali, utile poi successivamente perché vengono proposte come suggerimenti per eventuali altri acquisti futuri. Ecco, quindi, che il controllo sociale si interseca con quello commerciale e le nostre informazioni acquistano una valenza economica che le stesse multinazionali si possono scambiare e vendere.
Un altro strumento di controllo molto incisivo sono poi i social media dove in realtà vengono riversati costantemente una mole enorme di dati: foto, video, posizione geografica, pensieri e relazioni sociali. L’aspetto rilevante di tutto questo è che la nostra interazione è volontaria e assume una valenza spesso ludica: siamo ben lieti, infatti, di cedere le nostre informazioni spesso anche quelle più riservate. In questo scenario, inoltre, come si può notare facilmente utilizzando per esempio Facebook o Twitter l’utente è allo stesso tempo controllore e controllato: ognuno può potenzialmente controllare tutti e subire a sua volta il controllo. Esiste così un doppio livello di controllo: uno superiore e gerarchico del sistema nei confronti degli utenti e uno inferiore tra gli utenti stessi che si controllano vicendevolmente. Se il secondo è limitato e può al massimo incidere nella sfera privata, il primo invece apre scenari non ben delineati.
Gli occhi del Grande Fratello
Il Grande Fratello effettua il controlla in tanti modi: i suoi occhi sono ovunque e si nascondono per esempio dietro le telecamere dei sistemi di videosorveglianza per strada, sui mezzi di trasporto o negli esercizi commerciali. Siamo così abituati alla loro presenza che passano ormai quasi inosservati nella frenesia della vita moderna; addirittura in alcune circostanze la loro installazione viene invocata e pretesa per motivi di sicurezza e come deterrente e prevenzione delle azioni criminali. Alle telecamere pubbliche si aggiungono poi quelle private installate dai singoli cittadini, dalle attività commerciali, dalle aziende e dalle banche.
Si sta inoltre diffondendo la cosiddetta tecnologia “intellistreets” ossia per esempio lampioni pubblici che “fanno luce” sul transito delle persone in un luogo pubblico. I moderni lampioni potrebbero essere equipaggiati con una ricetrasmittente connessa alla rete e inoltre potrebbero essere dotati di sensori ambientali in grado di monitorare costantemente ciò che succede nelle vicinanze. Alcuni potrebbero addirittura montare altoparlanti con i quali per esempio ammonire i passanti che magari buttano una carta per terra.
Da qualche anno in questo ambito si è fatto un ulteriore passo avanti: l’occhio del Grande Fratello è stato portato all’interno delle mura domestiche. Nei computer portatili e fissi da tempo sono state integrate minuscole telecamere utilizzabili prevalentemente per le video chiamate in chat e più di recente per fare le dirette. Queste, insieme alle fotocamere, sono state inserite anche negli smartphone. Come al solito, però, questo miglioramento tecnologico nasconde delle insidie per la nostra privacy. A rivelarlo sono addirittura gli stessi protagonisti della New Economy. Già il creatore di Facebook Mark Zuckerberg, per esempio, si è mostrato in un selfie in cui faceva notare il cerotto che copriva la webcam del suo laptop. Ha fatto scalpore, poi, di recente la notizia di alcuni video messi in rete che riprendevano scene di sesso di alcune coppie sul proprio divano catturate dalla cam frontale presente sui moderni smart tv. Siamo, dunque, già un passo oltre la funzione dei teleschermi descritti da Orwell.
Inoltre tutti i moderni dispositivi quali smartphone e tablet sono muniti di un sistema di geolocalizzazione. In questo modo siamo costantemente rintracciabili, anche con il dispositivo spento.
Tutto questo potrebbe sembrare già molto preoccupante, ma il futuro imminente riserva altre sorprese.
Gli scenari futuri
Una forma di controllo che si sta sviluppando progressivamente in questi anni e che nel prossimo futuro avrà certamente un ruolo importante è l’utilizzo del microchip sottocutaneo da inserire nella mano tramite una veloce iniezione. Gli scopi di utilizzo sono molteplici: rintracciabilità, contenitore di informazioni sanitarie, mezzo di pagamento e controllo delle attività lavorative dei dipendenti. L’utilizzo che troverà forse maggior riscontro nei prossimi anni sarà quello collegato alle attività quotidiane: aprire serrature, mettere in moto automaticamente l’automobile, interfacciarsi con altri dispositivi intelligenti, effettuare login al computer e smartphone e pagare magari con i Bitcoin. I prezzi sono abbordabili e popolari: dai 40 ai 70 euro per chi desidera acquistare il “comfort kit” con tutto il necessario per l’operazione, siringa e guanti inclusi. Gli ultimi dati aggiornati a livello mondiale parlano di numeri abbastanza importanti: ci sono tra le 30 mila e le 50 mila persone già taggate con un piccolo microchip sottopelle.
In questo modo il controllo diventerebbe totalizzante e la vita delle persone potrebbe essere monitorata davvero costantemente.
Come si può notare ci stiamo incamminando verso uno scenario che va ben oltre quello immaginato nel romanzo di Orwell. Nella vita di tutti i giorni svolgiamo una quantità di azioni che possono essere potenzialmente controllate: navighiamo in internet, utilizziamo il nostro smartphone, siamo utenti attivi dei social media, utilizziamo il GPS, ci muoviamo in città piene di telecamere e paghiamo ormai quasi sempre con le carte di credito. Azioni simili si ripetono all’infinito nell’arco della giornata e tutti i giorni. Si ammassano così grandi quantitativi di dati dai quali poi potenzialmente è possibile estrarre profili specifici e personalizzati. Sta nascendo così una nuova frontiera, quella dei cosiddetti “Big Data”. Alcune domande a questo punto sono necessarie: chi immagazzina questi dati? Chi li può utilizzare? Per quali fini? E la nostra privacy?
Il cerchio si chiude e si ritorna in una nuova preistoria: il grande “villaggio globale” ha le stesse caratteristiche del villaggio primitivo; tutti controllano tutti, ma il risultato ultimo è diverso e per alcuni versi inquietante: tutti noi siamo i nuovi schiavi del controllo. È pronta una nuova e moderna identità, quella digitale, dello scemo del villaggio globale.
Nel romanzo di Orwell così si esprimeva l’antagonista Emmanuel Goldstein: «Nessuno ha mai visto il Grande Fratello. È un volto sui manifesti, una voce che viene dal teleschermo. Possiamo essere ragionevolmente certi che non morirà mai». Che ci piaccia oppure no il Grande Fratello ci guarda.