Scomparsi in azione - Gennaio 2017
«Il colonnello Trautman: “Rambo, perché hanno mandato te? Ti piace combattere?” Rambo: “Perché io non esisto”. Trautman: “Come non esisti?”. Rambo:” È come se qualcuno ti invita a una festa... tu non ci vai... e nessuno se ne accorge”». L’immaginario collettivo della guerra del Vietnam, della lontana guerra del Vietnam, è legato ai muscoli scolpiti e pompati dell’indomito e combattivo soldato Rambo interpretato da Sylvester Stallone. In occidente la guerra è considerata un vero tabù: questioni politiche complicate in territori esotici, non ben identificati, meglio anche se un po’ arretrati. Guerre che bisogna combattere. Dopo il terrore della seconda guerra mondiale, l’occidente ha deciso che le guerre devono essere così: lontane, fisicamente e metaforicamente. Così è stato anche per la guerra del Vietnam, così è sempre stato per le guerre successive. Se proprio bisogna parlarne, devono essere i muscoli di Rambo ad esprimersi, emblema del macismo occidentale. Il Vietnam è stata una guerra geografica, un conflitto che ha incarnato lo scontro della diversità: il conflitto della modernità.
L’inizio
La guerra del Vietnam è iniziata ufficialmente nel 1955, data di costituzione del Fronte di Liberazione Nazionale filo-comunista e si è conclusa il 30 aprile 1975. Una guerra lunghissima che si è trascinata per oltre vent’anni. Le operazioni belliche si sono svolte prevalentemente nel territorio del Vietnam del Sud e ha visto contrapposte da un lato le forze insurrezionali filo-comuniste, sorte in opposizione al governo autoritario filo-statunitense costituito nel Vietnam del Sud, dall’altro le forze governative della cosiddetta Repubblica del Vietnam, creata dopo la conferenza di Ginevra del 1954.
Dopo una cospicua attività iniziale di terrorismo e guerriglia in opposizione al governo sudvietnamita, c’è stato il diretto coinvolgimento degli Stati Uniti d'America che incrementarono progressivamente la presenza delle loro forze militari in aiuto al governo del Vietnam del Sud, fino a impegnare un'enorme quantità di forze terrestri, aeree e navali dal 1965 al 1972, con un picco di 550mila soldati nel 1969. Nonostante questo imponente spiegamento di forze il governo degli Stati Uniti non è riuscito a conseguire la vittoria politico-militare, ma al contrario ha subito pesanti perdite, finendo per abbandonare nel 1973 il governo del Vietnam del Sud. Forse è proprio questo il motivo principale secondo il quale l’immagine cinematografica che viene data della guerra è quella dei muscoli del soldato eroe. Quando la realtà è distante, la si può facilmente plasmare: anche questa è la propaganda di guerra.
La guerra si è conclusa il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, il crollo del governo del Vietnam del Sud e la riunificazione politica di tutto il territorio vietnamita sotto la dirigenza politica comunista di Hanoi.
La guerra del Vietnam, però, non ha rappresentato solo la prima grande sconfitta militare degli Stati Uniti, ma in essa è possibile riscontrare alcuni elementi particolari che forse per la prima volta non solo fanno emergere con forza tutte le contraddizioni della nuova tipologia del conflitto moderno, ma allo stesso tempo evidenzia un nuovo modo di gestire i conflitti stessi, caratterizzati da uno spiccato machiavellismo spregiudicato e subdolo. Viene fuori, così, una guerra segreta e nascosta che la storia dei libri di scuola non racconta e che, forse, con difficoltà si può rintracciare solo negli archivi.
Una cosa è la realtà crudele dei fatti, altra cosa è la finzione, soprattutto se cinematografica. Eppure, certe volte, una pellicola può dire più di un libro di storia.
Rambo 2 - La vendetta
«Murdock: “Non possiamo correre il rischio di mandare in quell' inferno un tipo così traumatizzato”.
Colonnello: “Traumatizzato? Le voglio dire che Rambo è il migliore soldato che abbia mai avuto, una vera macchina da combattimento con un solo scopo: vincere quella guerra che altri hanno perso. E se per vincerla deve morire, lui morirà. Ne’ paure, ne’ rimpianti. Ah, Murdock, un’altra cosa: quello che lei chiama inferno, lui lo chiama casa”».
Questo dialogo del film Rambo 2 descrive con poche battute quella che è stata la guerra del Vietnam.
Rambo 2 è un film del 1985 diretto da George Pan Cosmatos. Si tratta del sequel del celebre film interpretato da Sylvester Stallone e Richard Crenna. Risulta importante delineare brevemente la sinossi per capire alcuni aspetti particolari del conflitto.
Condannato per i fatti narrati nel primo film della serie, John Rambo, il berretto verde reduce della guerra vietnamita è costretto ai lavori forzati e a spaccare pietre in un penitenziario. Rambo viene fatto scarcerare dal Colonnello Trautman a patto di ritornare nel nord del Vietnam per una nuova missione; solo così potrà riottenere la libertà definitiva. La sua missione consiste nel ricercare i prigionieri statunitensi in alcuni campi militari vietnamiti. Il soldato accetta e raggiunge la base americana in Thailandia dove incontra Marshall Murdock, un burocrate americano comandante delle operazioni speciali. Una volta infiltrato in uno di questi campi di concentramento, s'imbatte nei numerosi prigionieri di guerra resecati in condizioni disumane; in contrasto alle disposizioni della missione decide, così, di liberare un prigioniero crocifisso su un albero.
Trautman riesce a convincere Murdock e i suoi uomini a tornare in Vietnam per recuperare Rambo. Una volta arrivato sul posto, però, Trautman nota che Rambo ha liberato il prigioniero e lo comunica a Murdock che, preoccupato, ordina al pilota dell'elicottero di ritornare alla base e di abbandonare il berretto verde al suo destino proprio quando manca poco alla sua liberazione.
Tornato in Thailandia, Trautman scopre il piano del corrotto Murdock: dimostrare che in Vietnam non c'erano più prigionieri statunitensi, in modo tale da non dover pagare all'esercito nemico pesanti riscatti, anche perché i vietnamiti sono alleati con i pericolosi sovietici. Proprio con un elicottero sovietico Rambo riesce a entrare in un campo di concentramento, mettendo in salvo i prigionieri di guerra. Cerca, inoltre, di tornare alla base americana in Thailandia, ma è inseguito da un elicottero americano che lo bombarda facendolo precipitare; con uno stratagemma, però, riesce a disintegrare l’elicottero amico. Tornato in tempo con l'elicottero danneggiato alla base, Rambo sfoga tutta la sua rabbia e minaccia Murdock intimandogli di liberare i restanti prigionieri americani presenti in tutto il territorio vietnamita.
Il film, dunque, è una denuncia diretta nei confronti del governo americano: molti soldati, infatti, sono stati abbandonati al loro destino e non sono stati rimpatriati forse proprio per paura che questi potessero essere scomodi testimoni e divulgatori della sconfitta subita.
I soldati dimenticati
In tutte le guerre nei confronti dei soldati che l’hanno combattuta c’è stato un rispetto sacrale, in particolare nei confronti dei reduci. Nella guerra del Vietnam a quanto pare non è successo. Come descritto nel film citato molti soldati sono stati abbandonati deliberatamente. Un caso eclatante, uno dei tanti, è successo, per esempio, a John Robertson. Era un soldato, un padre di famiglia, mandato in Laos nel 1968, ma non è più ritornato a casa. Tutti pensavano fosse morto, disperso o caduto in battaglia. Il destino del Sergente Robertson, però, sembra aver preso una piega differente, almeno stando a quanto afferma il regista Michael Jorgenson che lo ha incontrato in Vietnam in un piccolo villaggio rurale. Da quell’incontro è nato il documentario “Unclaimed”. Secondo il film-maker l'ex soldato ha dimenticato quasi tutto del suo passato: non parla più inglese, non ricorda il giorno del suo compleanno e non conosce i nomi dei suoi figli. Non sono stati i vietnamiti ad averlo trattenuto lì, bensì il governo americano a non averlo voluto indietro.
Questo ovviamente è solo un caso, ma la guerra del Vietnam ha fatto morti veri e morti apparenti, “scomparsi” per volere della patria che hanno servito. La guerra è guerra e questa fu particolarmente dura: dei soldati che sono rimasti sul campo, 2.500 sono stati considerati “Prisoners of war” (POW – prigionieri di guerra) e “Missing in action” (MIA – dispersi in azione), di questi 519 vennero restituiti dopo pochi anni agli Usa, ma dei restanti non si è saputo più niente. Quali sono i reali motivi? Gli accordi di Parigi prevedevano che il governo americano versasse ad Hanoi la somma di 3,2 miliardi di dollari di allora a titolo di risarcimento per i danni di guerra ma ciò non avvenne mai; né Nixon né i successivi presidenti hanno mai pagare ciò che il governo americano si era impegnato a rifondere. Il governo vietnamita bloccò immediatamente il rilascio dei POW e dei MIA negando la presenza sul proprio territorio di altri prigionieri. Inoltre, secondo le dichiarazioni rilasciate in tv dall’ex presidente russo Eltsin, ci sarebbero americani catturati in Vietnam che sono stati deportati nell’ex URSS e imprigionati in campi di lavoro e, addirittura, qualcuno potrebbe essere ancora in vita.
Non è l’unico segreto che ha celato la guerra del Vietnam; a quanto pare è stata combattuta più contro l’ideale comunista che contro una nazione. Ha sempre prevalso la ragione politica e ideale; i soldati sono stati, più che in ogni altra guerra, semplicemente pedine da spostare negli scacchieri di guerra.
Una guerra stupefacente
I sodati americani sono stati abbandonati non solo alla fine del conflitto, ma anche durante lo svolgimento delle stesse operazioni belliche. Infatti, nelle file dell’esercito è stato tollerato se non proprio favorito, per esempio, l’uso delle droghe. In epoca contemporanea è stata proprio la guerra del Vietnam ad aver segnato un punto di svolta per quanto riguarda l’uso delle droghe in un conflitto armato. In questo caso l'etimologia può aiutare a comprendere le ragioni: il nome “eroina” ha la stessa radice semantica dalla parola “eroe” e richiama la capacità della sostanza di accrescere il coraggio o l'incosciente temerarietà. Durante il conflitto l'abuso di eroina, marijuana e altre droghe è diventato talmente comune tra i soldati americani che il 10-15% sviluppò una qualche forma di dipendenza, tanto da “costringere” il Presidente Nixon a finanziare la prima grande espansione dei programmi per il trattamento delle tossicodipendenze. L’esito della guerra in Vietnam è stato condizionato pesantemente dal consumo di eroina tra i soldati americani. L’esercito americano, in particolare, aveva circa il 20% dei soldati dipendenti dalla «China white», ossia una tipologia di eroina purissima proveniente dal vicino “Triangolo d’oro”.
Gli Stati Uniti avevano combattuto altre guerre “difficili” ma non si era mai verificata una situazione in cui durante il conflitto ci fosse un divario netto fra l’opinione pubblica (che era per la maggioranza indifferente se non ostile) e la politica del governo che invece spingeva a caricare le armi. Inoltre, la condotta della guerra è stata completamente diversa rispetto ai conflitti precedenti, con il continuo alternarsi di brevi periodi di combattimento e tregue con tranquilli soggiorni nelle città del Vietnam del Sud. Mancava per i soldati il senso di disperazione tipico dei conflitti precedenti in cui le uniche vie di uscite dal fronte di guerra erano la morte o il ferimento. Una gran parte dell’esercito statunitense era sulla via della disgregazione. Uno dei motivi di ciò risiedeva nel fatto che, a differenza della seconda guerra mondiale, molti soldati non credevano pienamente nella causa per cui combattevano. In queste condizioni psicologiche ovviamente l’uso delle sostanze stupefacenti era quasi la normalità.
Nel 1973, in particolare, in un rapporto interno del Pentagono si dichiarava che il 35% di tutti gli uomini in servizio nel Vietnam aveva provato l’eroina e che il 20% di questi era diventato tossicodipendente nel corso dei dodici mesi di permanenza nel sud est asiatico.
L’arruolamento era basato sulla coscrizione obbligatoria e a cavallo della metà degli anni ’60 nella popolazione giovanile americana si era già largamente diffuso l’utilizzo di sostanze stupefacenti. Inizialmente il governo non aveva esercitato alcun controllo su questo fenomeno che in breve tempo era passato dall’élite delle avanguardie artistiche della beat generation e dell’arte pop alle grandi masse giovanili.
Il sud est asiatico, poi, era ed è tuttora uno dei maggiori centri mondiali di produzione della droga. Nelle città del Vietnam del Sud era facilissimo trovare a prezzi molto bassi marijuana e oppio proveniente dal “Triangolo d’oro”. Quello che si cercava di nascondere era che la gran parte del traffico degli stupefacenti tra il sud est asiatico e gli Stati Uniti era gestita proprio dalla CIA che si serviva di questi introiti per finanziare le operazioni coperte.
In verità, non circolavano solo le droghe conosciute e convenzionali. Per permettere ai soldati di superare il trauma del combattimento sarebbe stata distribuita, a livello sperimentale, anche una fantomatica “pillola del coraggio”. Mancano notizie attendibili in proposito, anche se nei racconti dei reduci si ricorda l’espressione gergale “fare John Wayne” per indicare comportamenti di esagerato sprezzo del pericolo da parte di soldati dopati. Una guerra, dunque, dove l’annichilimento dell’uomo non è stato solo fisico, ma ha riguardato ancora anche le coscienze. Allora ritorna alla mente la scena del film Rambo 2 quando Trautman chiede «Come vivrai Johnny?» e Rambo risponde: «Giorno per giorno!».