Auroville, la città dell'utopia - Luglio 2021
«Sorge nell'alta campagna un colle, sopra il quale sta la maggior parte della città; ma arrivano i suoi giri molto spazio fuor delle radici del monte […] dentro vi sono tutte l'arti, e l'inventori loro, e li diversi modi, come s'usano in diverse regioni del mondo».
I versi sibillini del testo appena citato sono tratti dall’opera filosofica del 1602 La Città del Sole di Tommaso Campanella che, richiamandosi alla Repubblica di Platone, presentava in forma dialogica il confronto di due personaggi: l'Ospitalario, un cavaliere dell'ordine di Malta e il Genovese ossia il nocchiero di Cristoforo Colombo. Quest’ultimo raccontava di aver scoperto una città governata con leggi e costumi perfetti individuata nell'isola di Taprobana durante uno dei suoi viaggi in giro per il mondo.
Nella città ideale prefigurata dal filosofo religioso calabrese il potere spirituale e temporale erano detenuti da un Principe Sacerdote, anche chiamato con gli appellativi di Sole o Metafisico.
La città, a forma circolare, era situata su un colle ed era costituita da sette mura che prendevano il nome dai sette pianeti. Gli abitanti non conoscevano egoismi, gli orrori della guerra e della fame e le violenze. La città era organizzata in modo totalmente razionale ed era controllata da un gruppo di persone chiamati offiziali che vigilavano continuamente in modo che nessuno potesse compiere azioni non giuste nei confronti degli altri cittadini.
Come si può notare, al netto dei riferimenti esoterici ben evidenti rispetto ai nomi dei due protagonisti (uno collegato a un ordine cavalleresco e l’altro al titolo di riconoscimento riservato al Gran Maestro del Priorato di Sion) e al richiamo della tradizione mistica egizia della divinità del Sole incarnata dall’autorità sacerdotale, è chiara la volontà di Campanella di voler descrivere una società utopica e perfetta, quasi irrealizzabile nella realtà. Eppure il sogno antico di Tommaso Campanella a quanto pare dopo molti secoli forse è diventato realtà.
Auroville: la città perfetta
La moderna Città del Sole dopo oltre quattrocento anni dalla sua prefigurazione letteraria si è materializzata. Auroville si trova nell’India meridionale, in quello che fino a qualche decennio fa era solo un deserto di sabbia rossa. Una città internazionale organizzata sin dalla sua fondazione senza denaro, senza forme di governo e di religione come siamo abituati a concepirli e senza l’urbanizzazione selvaggia tipica delle metropoli occidentali. Un nuovo concetto di città costruita su misura per tutte le persone, per i movimenti culturali e per le organizzazioni di vario genere che vogliono contribuire significativamente al progresso della comunità.
La città è stata fondata il 28 febbraio 1968 da un gruppo di giovani hippy sotto le direttive di Mirra “La Madre” Alfassa, una misteriosa donna di origini francesi e devota collaboratrice spirituale del filosofo indipendentista indiano Sri Aurobindo. I suoi valori di riferimento richiamavano lo spiritualismo induista, il comunitarismo gandhiano, il marxismo e l’anarchismo.
L’urbanizzazione è stata disegnata dall'architetto Roger Anger e all’atto della fondazione i rappresentanti di 124 nazioni si sono riuniti nell’altopiano; ognuno di loro ha portato con sé una manciata di terra dalla propria nazione per depositarla in un’urna di marmo a forma di fiore di loto.
La città è divisa in quattro zone con specifiche funzioni: industriale, internazionale, culturale e residenziale. L’agglomerato ospita circa 2.500 residenti permanenti di 45 nazionalità e circa 5.000 visitatori di cui la maggior parte turisti o volontari stranieri alla ricerca di un’esperienza di vita differente. Per divenire residenti permanenti è richiesto ai nuovi arrivati di contribuire attivamente per almeno due anni alle attività cittadine, senza mai allontanarsi. Un comitato ristretto analizza poi le richieste di residenza (proprio come avveniva con gli offiziali di Campanella) e a ogni nuovo cittadino viene richiesto come primo gesto quello di piantare un albero. Dalla sua fondazione ad oggi Auroville ha dato vita così a una foresta in mezzo al deserto.
La cosiddetta “città dell’aurora” ha l’ambizione di diventare un punto di riferimento per lo sviluppo ecosostenibile e l’innovazione sociale; la città, infatti, è autosufficiente energeticamente grazie prevalentemente allo sfruttamento dell’energia solare. Si fonda sull’agricoltura biologica, sul riciclaggio della quasi totalità dei materiali e sulla costruzione con tecniche di bioedilizia.
Il sistema economico-sociale è basato sulla proprietà collettiva, senza avere tuttavia un sistema normativo e senza la presenza delle forze dell’ordine. La cultura artistica spontanea, la quiete e la meditazione sono i principi cardini della vita quotidiana.
L’intera comunità è finanziata dall’Unesco, dalla Comunità Europea, dal governo indiano e da donazioni private che insieme contribuiscono al bilancio complessivo annuale. L’allocazione dei fondi è decisa collettivamente e i profitti delle unità produttive vengono spartiti equamente tra le casse comunali e i progetti specifici proposti dalla cittadinanza a supporto delle imprese locali e per il bene comune. Essendo, pertanto, i profitti di ognuno spartiti col resto della comunità, ogni cittadino non percepisce un salario bensì una specie di reddito di cittadinanza. Ad Auroville, infatti, la proprietà è collettiva ossia ciò che viene realizzato dai suoi abitanti non può essere venduto e qualsiasi attività è basata sul volontariato. Ogni cittadino è tenuto a lavorare almeno cinque ore al giorno per sostenere la comunità. Questo aspetto richiama molto da vicino la struttura sociale dell'isola di Taprobana descritta da Campanella dove gli abitanti lavoravano per sole quattro ore al giorno. Il tempo restante veniva impiegato in attività ricreative e ludiche che però dovevano sempre avere un fine culturale.
Ad Auroville esiste una zona dedicata alla meditazione e alla ricerca spirituale, ma non c’è una religione ufficiale: ogni cittadino è libero di professare il proprio credo.
Questa è l’immagine di facciata della città perfetta, ma a un’analisi più attenta si possono evidenziare elementi riconducibili a una matrice esoterica che porta alla luce vari spunti interessanti di riflessione.
Gli aspetti esoterici
In prima battuta bisogna partire proprio dal nome stesso della città. Auroville ha certamente una doppia valenza: da un lato è possibile evidenziare il riferimento alla “città dell’aurora” e dall’altro si può notare il suffisso “auro” che richiama l’elemento dell’oro. I due significati sono concettualmente collegabili e sovrapponibili; infatti, l'aurora è l'apparizione della luce, dorata e talvolta rosea o purpurea che appare nel cielo poco prima del sorgere proprio del sole. Ecco che quindi torna in maniera piena il riferimento al componimento di Campanella e si conferma il fatto che la città sia stata ideata pensando proprio alla Città del Sole o comunque al sole come elemento naturale. Ovviamente questo riferimento alla stella solare ha anche soprattutto una valenza religiosa perché richiama la divinità Ra egiziana. Allo stesso modo il riferimento aureo, invece, va letto nell’ambito della scienza alchemica come perfezionamento ultimo del processo e della trasmutazione del vile metallo in oro. Ovviamente l’oro è un simbolo mediato indicativo, partendo già dal suo colore giallo, proprio del sole. Entrambi questi aspetti del nome della città sono riconducibili molto probabilmente al background culturale ed esoterico della fondatrice della città. Mirra “La Madre” Alfassa, infatti, è stata senza dubbio una personalità particolare, già a partire dal nome che, come è evidente, fa riferimento chiaramente alla dea madre primordiale e creatrice dal cui grembo mitologicamente si è generato il mondo e simbolicamente in questo caso una nuova idea di città e di comunità.
Allo stesso modo, come abbiamo già accennato, proprio all’atto della fondazione ci fu una cerimonia dall’alto valore simbolico ed esoterico: i partecipanti di varie nazioni hanno portato un pugno della loro terra; questo oltre a richiamare il valore divinatorio e primordiale ancora della Madre Terra ha anche un collegamento biblico non di poco conto. Richiama, infatti, l’episodio della creazione di Adamo e quindi per estensione la nascita di una nuova entità grazie all’intervento divino.
La città, inoltre, vista dall’alto ha proprio la forma di un occhio e richiamerebbe ovviamente allo stereotipo dell’occhio onniveggente divino con implicazioni esoteriche non di poco conto.
Senza ombra di dubbio, inoltre, è possibile di fatto individuare nell’enclave il culto del sole. Infatti, il progetto originale della città è stato ideato dall’architetto francese Roger Anger che immaginava Auroville come una “galassia” con al centro un’enorme sfera dorata utilizzata per la meditazione chiamata Matrimandir. Al suo interno è presente una sala circolare in marmo bianco e rappresenta il principale luogo di meditazione frequentato dai residenti. Al centro è presente una sfera di cristallo dal diametro di settanta centimetri che raccoglie i raggi del sole riflessi da uno specchio sul tetto.
Questo richiama molto da vicino il tempio descritto ancora una volta nella Città del Sole che infatti era proprio di forma circolare ed era costituito da grandi colonne sopra le quali sorgeva una cupola al cui interno figurava la sfera celeste.
Gli abitanti di Auroville, inoltre, possono pranzare in uno spazio comune chiamato “Solar Kitchen” ossia una gigantesca mensa vegetariana dove si cucina solo ed esclusivamente grazie all’energia solare. In sostanza, dunque, i collegamenti con la Città del Sole sono ben evidenti.
Diceva in un passo uno dei personaggi di Campanella: «Questa è una gente ch'arrivò là dall'Indie, ed erano molti filosofi, che fuggiro la rovina di Mogori e d'altri predoni e tiranni; onde si risolsero di vivere alla filosofica in commune, si ben la communità delle donne non si usa tra le genti della provinzia loro; ma essi l'usano, ed è questo il modo. Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e onori e spassi son communi, ma in maniera che non si può appropriare cosa alcuna. Dicono essi che tutta la proprietà nasce da far casa appartata, e figli e moglie propria, onde nasce l'amor proprio; ché per sublimar a ricchezze o a dignità il figlio o lasciarlo erede, ognuno diventa o rapace publico, se non ha timore, sendo potente; o avaro ed insidioso ed ippocrita, si è impotente. Ma quando perdono l'amor proprio, resta il commune solo».
Niente di nuovo, dunque, sotto il sole splendente di Auroville.