Il linguaggio segreto dei Trulli - Giugno 2022
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Esiste il paese delle favole? Forse sì e non solo nei libri. Esiste, infatti, un paese nel profondo Sud Italia che potrebbe incarnarlo al meglio.
Alberobello è un comune italiano di poco più di dieci mila abitanti, ai confini della città metropolitana di Bari, ma al centro della Valle d'Itria e della Murgia dei Trulli.
Per l’ignaro visitatore che arriva sul posto il colpo d’occhio è certamente spettacolare: ci si trova catapultati in un altro mondo, immersi in una distesa di case solo apparentemente tutte uguali. Una distesa di tetti grigi e mura bianche: sono le tipiche abitazioni conosciute con il nome di trulli, un modello antico di costruzione spontanea dichiarato dal 6 dicembre 1996 patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.
Le origini
La parola trullo deriverebbe dal latino turris o dal greco tholos, entrambi con il significato di cupola e rimanda come concetto alle strutture abitative dei popoli primitivi.
Alcuni studiosi ipotizzano un’origine molto particolare e interessante che pone in collegamento Alberobello con la città turca di Harran, terra natia di Abramo; questa città presenta, infatti, costruzioni abitative molto simili proprio ai trulli. Molto probabilmente circa mille anni fa i discendenti di Abramo sono ritornati nella città di Harran per ricostruirla secondo le antiche tradizioni, ma nel frattempo alcune di queste tribù sarebbero arrivati anche nella zona del sud Italia portando forse con sé questa tradizione.
Certamente in questa zona tali costruzioni hanno un’origine antichissima, ma le prime forme non sono arrivate a noi perché nel corso dei secoli si preferiva rifarli ex novo piuttosto che sottoporli a manutenzione. Sebbene, dunque, la tradizione sia arcaica, il loro sviluppo sistematico in loco sembrerebbe legato a un contesto storico ben preciso. Il conte Giangirolamo II, detto dagli storici dell'Ottocento il Guercio delle Puglie perché dopo una battaglia perse un occhio, a partire dal XVII secolo, vista l'abbondanza di materiale (soprattutto pietra calcarea e carsica), obbligava la popolazione locale a costruire le abitazioni solo con muri a secco senza l'uso di malta. Tale obbligo si rendeva necessario come espediente per evitare il pagamento dei tributi al viceré spagnolo del Regno di Napoli; infatti secondo la Pragmatica de Baronibus, legge in vigore fino al XVIII secolo, la costruzione di un nuovo centro abitato comportava in primo luogo il regio assenso e il consecutivo pagamento dei tributi alla Regia Corte. Così al momento del controllo del centro abitato da parte degli emissari del re, i trulli venivano letteralmente smontati a partire dal tetto e rimontati successivamente, proprio per dimostrare che non vi era effettivamente un centro abitato organico.
Solo nel 1797 Alberobello ottenne l'esenzione da ogni richiesta tributaria, grazie alla coraggiosa azione di alcuni abitanti che si recarono dal re Ferdinando IV di Borbone per farne richiesta e spiegandone le motivazioni.
Dovendo quindi utilizzare soltanto pietre, i contadini trovarono la soluzione migliore nella forma rotonda o quadrata con tetto a falsa cupola, composto da cerchi di pietre sovrapposti. I tetti erano abbelliti con pinnacoli decorativi che secondo molti rappresentavano la firma del maestro trullaro che lo aveva costruito o restaurato; ma la forma era ispirata a elementi simbolici, mistici e religiosi o profani. La posa del pinnacolo era un momento di festa per tutta la comunità.
Una struttura particolare
I trulli erano interamente costruiti in pietra e non si utilizzavano né malta né legname né altri mezzi di sostegno o di collegamento. La struttura portante era del tutto particolare e unica. La parte esterna era caratterizzata dalle cosiddette chiancole o chiancarelle di colore grigio mentre il resto del fabbricato era generalmente ricoperto da intonaco bianco.
Per coprire i vani quadrangolari si utilizzavano archi a tutto sesto (semicircolari) costruiti con cèntine di legno che poi venivano eliminate.
La base poggiava su roccia messa a nudo, a base quadrata, ma i vani potevano anche essere rettangolari, specie nei trulli cittadini. L’interno era costituito da un vano principale che si collegava a eventuali altri ambienti divisi quasi sempre da tende mobili e quasi mai da porte.
All’interno la forma conica imponeva il dimensionamento a due piani; al piano superiore (soppalco) in genere si accedeva con una scala interna mobile e non in muratura. La struttura era quindi calda in inverno e fresca in estate.
Una caratteristica importante era la presenza di una cisterna sotterranea dove venivano convogliate le acque piovane.
Nella maggior parte dei casi avevano una o due piccole finestre e nella parte sommitale era presente, come abbiamo visto, il caratteristico pinnacolo che poteva assumere varie forme.
I pinnacoli erano detti anche chiave del trullo, cucurneo o tintinule. Erano generalmente formati da tre pietre soprapposte: una di forma cilindrica, una a forma di scodella o di piatto e di forma sferica. La loro origine e il motivo per il quale venivano messi in cima ci introduce allo studio simbolico ed esoterico. Erano solo decorativi o in realtà avevano anche un significato simbolico? Secondo gli studiosi si possono avanzare tre ipotesi: la prima li considera il tentativo di spingere la costruzione ancor più in alto verso il cielo e si potrebbe dunque ipotizzare un legame con il culto del dio Sole o di altri dei strettamente connessi all’andamento dei lavori agricoli; la seconda li considera, invece, come piccole opere d’arte dei maestri trullari che amavano realizzare piccole sculture artistiche in pietra; la terza, infine, li considera come segno distintivo di gruppi familiari.
I simboli più comuni erano la sfera, il disco, ma non mancavano anche i pinnacoli tetraedrici, cuneiformi, cruciformi e stellati.
I simboli esoterici delle facciate
I pinnacoli non erano gli unici elementi simbolici di queste estrose costruzioni. Infatti, spesso sulle facciate si disegnavano simboli dipinti con calce bianca.
La cosa che stupisce è che venivano posti in strutture abitative costruite e abitate prevalentemente da contadini e quindi in un contesto agro-pastorale che a prima vista potrebbe sembrare distante da una cultura iniziatica più avvezza all’utilizzo dei simboli.
Ciononostante, come detto, è possibile rinvenire simboli che avevano una chiara matrice esoterica pagana o cristiana, altre volte magica o di carattere propiziatoria. In totale sono stati catalogati circa duecento simboli diversi.
La maggior parte dei segni erano di origine religiosa o nello specifico cristiana, infatti molto comune era la croce in varie forme, ma non mancavano anche quelli che rimandavano alla cultura ebraica, come la stella a sei punte e il candelabro a sette bracci.
Nonostante la maggior parte dei simboli riprodotti sulle cupole dei trulli fossero di origine religiosa, ce n’erano molti altri riconducibili alla cultura pagana. In particolare, alcuni facevano parte dell’antico culto degli animali come, per esempio, l’aquila che rappresentava l’anima che aspirava al cielo, la testa del cavallo in riferimento invece al duro lavoro, il bue che indicava lo scongiuro, il cane rappresentativo della famiglia e della fedeltà e il gallo che era un antico simbolo della vigilanza.
C’erano poi simboli primitivi, sicuramente più difficili da identificare e collocare in un periodo preciso. Facevano parte di questa categoria gli intrecci di linee, i punti e le linee curve pertanto ben più difficili da interpretare in funzione simbolica. Nella stessa tipologia ritroviamo anche simbologie di tipo numerico che spesso si rifacevano in particolare ai numeri 3, 5 o 7. Non mancano alcune raffigurazioni della svastica che, al netto del significato politico collegato al nazismo, era invece un emblema molto antico che rievocava la ciclicità della vita, già noto presso le antiche civiltà orientali.
Alcuni trulli erano abbelliti poi con i segni zodiacali, astrologici e planetari. Ognuno di questi simboli aveva un significato preciso, di solito collegato a un auspicio. Per esempio: l’ariete era una preghiera di vita sana e robusta, mentre i segni del Cancro, Leone e Bilancia servivano come augurio di buona fortuna rispettivamente per i genitori, per i bambini e per gli sposi. Altri simboli magici importanti e molto frequenti erano quelli del sole, principio di vita spirituale e materiale e della luna che, invece, rappresentava la protezione nelle ore notturne.
Altri simboli potevano essere ricondotti alla semplice e imperscrutabile fantasia del proprietario o del costruttore; spesso, infatti, ritroviamo le iniziali del nome e del cognome, oppure simboli del lavoro che svolgeva chi abita la struttura (falci, bilance e martelli).
Un altro aspetto simbolico importante possiamo rintracciarlo proprio nella struttura caratteristica del trullo. La forma a cupola non era solo funzionale alle esigenze abitative, ma aveva anche una valenza ancora una volta simbolica: la cupola, infatti, era direttamente collegata al cielo e alla volta celeste e potrebbe rappresentare l’unione di ciò che stava sotto (materia) con ciò che stava in alto (spirito).
Vi erano poi elementi importanti della geometria sacra: a prima vista si potrebbe pensare che tali costruzioni avessero una pianta circolare, mentre invece, come detto, era quadrata. Come abbiamo visto, però, era sormontata da una copertura a base circolare e il passaggio dal perimetro quadrato al cerchio lo si otteneva formando un ottagono per mezzo di quattro "trombe" di sostegno. Ritroviamo, dunque, nello stesso edificio il quadrato, il cerchio e l’ottagono, ma la cosa interessante è che non erano figure slegate ma unite, anzi in evoluzione combinata dal basso verso l’alto. Questo, probabilmente non rispondeva solo a esigenze costruttive ma potrebbe avere una valenza sacra e simbolica.
I trulli, dunque, in conclusione potremmo dire che evocano una dimensione magica e fiabesca come ebbe a dire Tommaso Fiore: «Sono minuscole capanne tonde, dal tetto a cono aguzzo, in cui pare non possa entrare se non un popolo di omini, ognuna con un piccolo comignolo ed una finestrella da bambola, e con quella buffa intonacatura in cima al cono, che è la civetteria della pulizia, e dà l’impressione di un berretto da notte ritto sul cocuzzolo d’un pagliaccio…».