Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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«Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e là vorrete tornare». La smisurata straordinarietà del genio italiano per eccellenza traspare forse a fatica da questa citazione: in essa si condensa la visione del suo pensiero, a metà strada tra sogno e realtà, nella spasmodica ricerca di nuove tecniche da coniugare con il fervore del puro sentimento. Leonardo è anticipatore e profetico anche in questo, soprattutto in questo: utilizza l’intelligenza umana e in particolare il suo acume per costruire manufatti e migliorare alcune attività magari faticose e ripetitive o semplicemente per divertirsi, ma soprattutto cerca di trasferire tale intelligenza sugli oggetti rendendoli animati e in qualche modo automatizzati. Un concetto questo estremamente impregnato di modernità: allora le ingombranti e goffe macchine, prodotti dalla commistione di tecnica, ingegno e passione diventano arte e poesia. Ecco, dunque, che un nuovo manufatto che per l’epoca è un vero ritrovato tecnologico è il pretesto per toccare il cielo, per volare, per sognare e far sognare.
Spesso si è parlato, tentando un impervio parallelismo temporale, delle possibilità esponenziali che avrebbe avuto Leonardo se avesse avuto a disposizione lo sviluppo tecnologico e i materiali dell’epoca contemporanea. La cosa che spesso sfugge invece è che lo stesso maestro in realtà ha fatto già tanto considerando che ha vissuto in piena epoca rinascimentale. Dunque la sua produzione tecnologica ha sicuramente un valore assoluto. Si può, infatti, parlare certamente di un vero e proprio filone di intelligenza artificiale prettamente di stampo leonardesco. Tutto questo in anticipo rispetto alle prime manifestazioni di intelligenza artificiale che possono essere rintracciate inizialmente per esempio nel 1623 quando Willhelm Sickhart per primo creò rudimentali macchine in grado di effettuare calcoli matematici con numeri fino a sei cifre e successivamente nel 1642 quando invece Blaise Pascal costruì una macchina in grado di fare operazioni utilizzando addirittura il riporto automatico. Tutto questo comunque qualche secolo più tardi rispetto a Leonardo.
Gli studi sperimentali di Leonardo
Leonardo da Vinci nasceva il 15 aprile 1452, giusto qualche secolo prima rispetto ai primi timidi tentativi di automatizzazione del calcolo e diversi secoli prima rispetto all’avvento dell’intelligenza artificiale vera e propria. Le innovazioni messe in campo non solo riguardano molti settori, dalla pittura alle invenzioni, dalla tecnica alla scienza, ma sono tali perché sono la risultante di un approccio differente. Leonardo infatti era prima di tutto un acuto osservatore e uno studioso scrupoloso; solo in un secondo momento poi metteva in pratica quello che aveva osservato e studiato. In pratica aveva anticipato l’introduzione del metodo scientifico. Durante tutta la sua vita Leonardo ha ideato numerosi oggetti ex novo, alcuni di essi, come la macchina volante, furono dei veri e propri prototipi. Il folio 36v del Codice Madrid riporta il progetto di un curioso insieme di ingranaggi costituito da numerose rotelle. La descrizione, come spesso accade, è assai criptica e in perfetto stile leonardesco che in qualche modo cercava di celare i propri studi. Secondo una ricostruzione degli anni ’60 a opera dell’ingegnere Roberto A. Guatelli che lavorava per l’IBM allo scopo di creare repliche dei macchinari leonardeschi, si sarebbe trattato di una primitiva calcolatrice meccanica, inventata quasi 150 anni prima rispetto alla famosa “pascalina” di Blaise Pascal. La macchina originale molto probabilmente non avrebbe potuto funzionare in maniera impeccabile perché l’attrito prodotto dai materiali dell’epoca sarebbe stato eccessivo. Per essere una calcolatrice era piuttosto incompleta, tuttavia dimostra che Leonardo Da Vinci aveva quasi inventato la prima macchina capace di fare calcoli.
Le macchine di movimento
La grande passione di Leonardo nel realizzare manufatti che potessero muoversi autonomamente si sviluppa da un lato per dare sfogo alla sua illimitata creatività e dall’altra per esigenze lavorative. Proprio, infatti, in merito a quest’ultimo aspetto è importante ricordare che lo stesso Leonardo, in particolare presso gli Sforza, era considerato un artista geniale nella realizzazione di macchine sceniche per gli spettacoli teatrali a corte o comunque per dimostrazioni ludiche per stupire gli ospiti. Ha realizzato infatti numerose macchine che con l’ausilio di complicati meccanismi meccanici erano in grado per esempio di entrare in scena e di muoversi in autonomia per un breve periodo.
In particolare ha realizzato un leone meccanico, costruito a Firenze nel 1515 e inviato a Lione per accogliere il re di Francia Francesco I. Secondo le cronache, il leone era perfettamente in grado di camminare, come dimostrato anche dalla sua recente ricostruzione.
Queste continue sperimentazioni lo hanno portato a perfezionare notevolmente i congegni meccanici dei quali era appassionato studioso. È arrivato addirittura a realizzare un prototipo della moderna automobile. Si trattava in realtà di un trabiccolo a molla concepito non per il trasporto di persone ma ancora una volta utilizzato come trucco scenico teatrale. Certo è che nel Rinascimento il pensiero che un veicolo che si muovesse autonomamente, anche se per brevi tratti, era assolutamente straordinario.
Nel campo del volo, invece, il suo estro si esprime al meglio, arrivando addirittura a progettare una prima forma di elicottero che magari non era in grado di volare, ma l’idea di fondo è alla base proprio dei moderni elicotteri. La sua passione per il volo lo ha portato addirittura a scrivere parte di quello che doveva essere un organico “Trattato delli uccelli” nel quale avrebbe voluto celare il segreto del volo; nel 1508 si è dedicato ai suoi studi sull'anatomia degli uccelli e sulla resistenza dell'aria e intorno al 1515 ha scritto lo studio della caduta dei gravi e i moti dell'aria. Leonardo ha denominato “moto strumentale” il volo umano realizzato con l'uso di una macchina: «Se un uomo ha un padiglione di pannolino intasato, che sia di 12 braccia per faccia e alto 12, potrà gittarsi d'ogni grande altezza sanza danno di sé». Dall'analogia col peso e l'apertura alare degli uccelli ha cercato di stabilire l'apertura alare che la macchina avrebbe dovuto avere e quale forza sarebbe dovuta essere impiegata per muoverla e sostenerla. La sua fissazione era far volare l’uomo e l’ha accompagnato per tutta la sua vita, malgrado gli insuccessi e l'obiettiva difficoltà dell'impresa: «Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero (il monte Ceceri, presso Firenze), empiendo l'universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al loco dove nacque».
Il modello consisteva in un telaio di legno con un’apertura alare superiore a 10 metri. Le ali erano coperte in seta fine per ricreare una membrana leggera ma robusta, come le ali di un pipistrello. Il pilota si sarebbe posizionato a faccia in giù su una tavola al centro. Per alimentare le ali il pilota doveva pedalare una manovella che si muoveva su una serie di aste e pulegge.
Lo scopo di Leonardo era dimostrare che l’aria fosse un fluido e quindi sarebbe stato possibile letteralmente avvitarsi nell’aria per sollevarsi. Questo non è altro che il concetto della moderna elica. Secondo il maestro tale macchina sarebbe stata azionata a mano da quattro uomini: purtroppo in realtà era troppo pesante per potersi sollevare in questo modo. La genialità di Leonardo non si ferma alla progettualità funzionale per il volo, ma nel Codice Atlantico (f. 1058v) si trova un buffo disegnino di un omino appeso precariamente a un aggeggio di forma piramidale. Leonardo commenta che con questo dispositivo chiunque avrebbe potuto saltare da qualsiasi altezza senza farsi male. Aveva ragione: quando è stato testato nel 2000, il paracadute di Leonardo è stato un successo totale, con una discesa ancora più morbida e stabile di quella di un paracadute moderno. L’unico problema è che il suo peso sarebbe stato pericoloso all’atterraggio. Incredibile quanto ingegnoso.
L’intelligenza artificiale di Leonardo
La cosa che più stupisce delle invenzioni di Leonardo è certamente la creazione di manufatti veramente futuristici che sembravano fuori luogo rispetto al contesto storico in cui è vissuto. In primo luogo sempre nel Codice Atlantico (f.909) viene descritto uno scafandro completo per le immersioni, dotato di giacca, pantaloni e maschera con occhiali. Era costruito utilizzando la pelle di cinghiale trattata con olio di pesce per respingere l’acqua. L’aria sarebbe arrivata da una campana aperta alla superficie, tramite tubi rinforzati con anelli metallici per resistere alla pressione dell’acqua oppure mantenuta in bombole di cuoio. Una tecnologia che poteva avere risvolti militari, per esempio per sabotare flotte nemiche o civili per la manutenzione navale.
Il genio di Vinci, però, si è spinto ben oltre progettando addirittura il primo robot della storia umana. Si trattava di un cavaliere in armatura germanica, interamente meccanico. Una prima forma androide anch’esso descritto in varie pagine del Codice Atlantico. Riscoperto nel 1957, l’automa è stato costruito solo nel 2002 dall’esperto di robotica della NASA Mark Rosheim. L’androide si ritiene sia stato progettato e forse realizzato intorno al 1495 per essere presentato a una festa ospitata dal duca di Milano. Il robot cavaliere con alcuni accorgimenti sarebbe stato in grado di stare in piedi, sedersi, alzare la sua visiera, aprire e chiudere la bocca e manovrare in modo indipendente le braccia. L’intero sistema robotico era azionato da una serie di pulegge, cavi, ingranaggi interni e manovelle.
L’impatto che ebbero tali invenzioni nell’ambito del contesto storico dell’epoca fu certamente notevole e con relativa facilità si può immaginare le facce dei presenti quando tali macchine venivano presentate in pubblico. Non poteva essere diversamente; è toccato proprio a Leonardo, genio incontrastato nel percorso della storia umana, aprire la strada verso la modernità e a tal proposito le stesse parole del maestro segnano la linea di avanzamento inesorabile verso le moderne tecnologie: «L'ignoranza ci acceca e ci trae in inganno. O miseri mortali, aprite gli occhi!».
Black Night #5 28/07/2017
Libri ai confini della conoscenza
Rubrica radiofonica di Radioattiva Ferrandina
Ospite: Enrica Perucchietti (seconda parte)