Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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Roma, 15 aprile 1987. In un’elegante strada del quartiere Monte Mario è quasi l’alba; la brezza mattutina fa sentire sulla pelle gli ultimi segni del rigore invernale che tarda a dissolversi nell’incalzare dei primi tepori primaverili. Un giorno come tanti nella sonnacchiosa ma rampante capitale italiana della fine degli anni’80.
Un uomo piccolo di statura e con l’andatura incerta esce in strada e si muove meccanicamente, quasi a scatti; si sposta a fatica, come se di colpo tutta la vita vissuta lo schiacciasse con il peso assoluto della forza di gravità dei ricordi. Rimembranze sfumate, in via di dissolvimento.
È giorno. Le prime luci del mattino conquistano in fretta ogni anfratto della città che si rimette in movimento.
L’uomo resta immobile per un momento, avvolto nel suo silenzio ovattato. Poi fa un passo verso la direzione ignota di sé stesso. Quell’uomo aveva 73 anni ed era il professore di economia Federico Caffè.
Potrebbe sembrare l’incipit di un romanzo giallo, invece è la realtà; è stata la realtà sfuggente ma contingente di un giorno che, a distanza di molti anni, tende a sbiadire e a immergersi silenziosamente nei ricordi di una storia rimasta in sospesa, di una vita rimasta appesa nel limbo, proprio come le vite di chi scompare nel nulla senza lasciare nessuna traccia.
Chi era Federico Caffè
Federico Caffè era nato a Pescara il 6 gennaio 1914. Si è laureato con lode all'Università di Roma nel 1936 in Scienze Economiche e Commerciali. Nel 1945 è stato consulente del Ministro della Ricostruzione durante il governo Parri. Ha lavorato inizialmente presso la Banca d'Italia e poi si è dedicato completamente all’insegnamento prima nelle Università di Messina e di Bologna e poi, dal 1959 fino al suo ritiro per raggiunti limiti di età, in quella di Roma.
Oltre ai suoi scritti accademici, è stato un attento commentatore dell'attualità economica su giornali e riviste con la pubblicazione di numerosi articoli e saggi.
Tra i suoi studenti più importanti vi sono stati Mario Draghi e Ignazio Visco.
Gli ultimi anni della sua vita sono stati segnati da alcuni episodi che lo hanno emotivamente provato molto: la morte della madre e della tata che lo aveva cresciuto, la scomparsa dei colleghi Ezio Tarantelli assassinato dalle Br nell'85 e di Fausto Vicarelli in un incidente stradale e quella del suo studente Franco Franciosi, stroncato da un tumore. Al momento del congedo dalla vita accademica ha sofferto un profondo sconforto. Agli amici più stretti confessò di non riuscire a scrivere e di avere amnesie sempre più frequenti.
Ha emozionato l'opinione pubblica italiana la notizia dell’impegno dei suoi studenti nelle ricerche in tutta la città di Roma nei giorni successivi alla scomparsa; ricerche che, purtroppo, non diedero nessun esito.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 30 ottobre 1998, ha dichiarato la morte presunta.
Alla scomparsa di Federico Caffè è dedicato il film di Fabio Rosi "L'ultima lezione", dove la parte dell'economista è interpretata dall'attore Roberto Herlitzka. Il film è tratto dal libro inchiesta di Ermanno Rea “L' ultima lezione” (Einaudi).
Il professore e lo studioso
Federico Caffè prima di essere un economista era un professore universitario e ci teneva molto a questo ruolo. Diceva: “Un professore non è un conferenziere, non parla occasionalmente a degli sconosciuti che con tutta probabilità non rivedrà più. Un professore dialoga con gli studenti dei quali conosce spesso tutto o quasi tutto: problemi e speranze, capacità e lacune, ansie e incertezze. Li assiste nei loro bisogni. Li segue lungo una strada che può finire il giorno dell'esame ma che può anche andare avanti fino a quello della laurea e oltre”.
È stato uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia. Al centro delle sue riflessioni economiche c’è stata sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli.
Il suo pensiero economico si colloca nell’ambito di quella si può definire “la terza via”: la ricerca di un capitalismo storico, cioè funzionante nella pratica, che avesse, però, una regolamentazione nell’interesse generale. Il filo rosso che lega insieme i numerosi interventi nell’ultimo decennio della sua vita è l’individuazione e la regolamentazione degli strumenti per il controllo democratico dell’economia.
Afferma in particolare l’economista nei suoi scritti: “Nessun male sociale può superare la frustrazione e la disgregazione che la disoccupazione arreca alle collettività umane”.
Una visione dell’economia, dunque, a servizio dell’uomo e a sostegno dei più deboli; questa è la concezione portante del suo pensiero che si può definire come “cristianesimo laico”.
Un intellettuale contro
Posizioni idealiste, dunque, perseguite con lo spirito del riformismo applicato alla realtà. Per capire chi era effettivamente Federico Caffè e, forse, per comprendere il motivo della sua scomparsa bisogna soffermarsi non solo sulla sua personalità, ma anche e soprattutto sul pensiero economico. Una vita da autentico riformista, da sempre contro l’arroccamento del sistema politico e finanziario.
Soprattutto negli ultimi anni della sua vita i suoi interventi pubblici si sono orientati verso una critica dura per quanto concerne la deriva piratesca degli speculatori finanziari e più in generale nei confronti di un sistema economico che non garantiva la stabilità, la trasparenza e la partecipazione democratica.
A più riprese ha affermato la necessità di arrivare a una separazione fra la gestione dell’intermediazione finanziaria da affidare ai poteri pubblici e l’attività produttiva che, invece, doveva essere lasciata al mercato, garantendo condizioni effettivamente concorrenziali e non posizioni oligarchiche imperanti.
In questa prospettiva, senza timore, si scagliava anche contro i soggetti istituzionali, anche sovranazionali, che a suo modo di vedere non garantivano l’equità. La sua preoccupazione per gli effetti negativi di un sistema internazionale che funzionava da sé, ma senza regole eque, emergeva anche nei commenti sprezzanti sul ruolo del Fondo Monetario Internazionale.
Perché è scomparso?
Un intellettuale scomodo, dunque, che dava fastidio all’establishment? O semplicemente la sua scomparsa è dovuta a motivi personali? Forse entrambe le cose.
C’è, però, un aspetto che può rappresentare una possibile chiave di lettura. L’economista ha avuto sempre una posizione molto netta nel denunciare la progressiva e inesorabile rinuncia alla sovranità monetaria, avvertita come un danno, in quanto aggravava il divario fra paesi ricchi e quelli poveri. A più riprese contestava il fenomeno dei movimenti “anormali” di capitali, evidenziando tutta la sua diffidenza verso formule semplicistiche che affidavano ad autorità sovranazionali di estrazione tecnocratica e non democratica l’esclusività dei controlli in ambito finanziario.
In uno dei suoi articoli ipotizzava, come provocazione ma neanche tanto, addirittura la chiusura delle borse.
Da sempre era convinto che “la sovrastruttura finanziario-borsistica con le caratteristiche che presenta nei paesi capitalisticamente avanzati favorisca non già il vigore competitivo ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori in un quadro istituzionale che di fatto consente e legittima la ricorrente decurtazione o il pratico spossessamento dei loro risparmi“. Una visione che, alla luce anche degli ultimi fatti di attualità, è stata più di una profezia.
Nonostante l’euro fosse all’epoca ancora poco più di un progetto, le sue perplessità sul sistema monetario europeo appaiono incredibilmente e tragicamente attuali.
Profetiche le sue parole quando dichiarava: ”in Europa abbiamo circa 10 milioni di disoccupati; né si prevede che il loro numero diminuisca negli anni ottanta”.
Parole lungimiranti e lucide soprattutto quando sinistramente denunciava il prepotere nelle borse degli “incappucciati”, come egli definiva “gli operatori ignoti che dall’interno o dall’estero sono in grado di avere una influenza non chiara e non verificabile su decisioni di rilevante importanza finanziaria o sull’andamento della borsa”. Parole pesanti come macigni, alla luce di cosa è successo in questi anni e di quello che continua a verificarsi.
Ci sono, poi, un paio di episodi che fanno riflettere: poco tempo prima della sua scomparsa, il 27 marzo 1985, il suo allievo Ezio Tarantelli è stato ucciso nel parcheggio dell’Università La Sapienza; attentato poi rivendicato dalle fantomatiche Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente.
L’altro episodio riguarda Aldo Moro. Nel 1974 il presidente democristiano ha favorito l'emissione di moneta cartacea a corso legale, le famose 500 lire con la testa di Mercurio, sottraendo di fatto la sovranità monetaria alla banca centrale e attribuendola allo stato, così come stabilito dalla costituzione. Moro si era avvalso per questa emissione proprio della consulenza di Federico Caffè che poco prima aveva pubblicato studi significativi sulla moneta “buona” e quella “cattiva” e si era messo di traverso alle privatizzazioni delle banche pubbliche, poi negli anni successivi, di fatto, tutte privatizzate.
Questioni non di poco conto se pensiamo che più o meno la stessa cosa aveva fatto anche Kennedy in America e dopo poco, come sappiamo, fu assassinato.
Per Federico Caffè l’incedere del capitalismo moderno era percepito come una sconfitta culturale e politica. A un certo punto della sua vita si sono mischiati insieme in una miscela esplosiva il suo imminente deperimento fisico e i primi sentori della crisi finanziaria e di riflesso, dunque, la sconfitta di alcuni ideali in cui credeva fermamente. Troppo per un uomo coriaceo come lui, troppo per una voce che gridava nel deserto lucidamente, nel ruolo infausto di una moderna Cassandra.
Il giornalista Giuseppe D’Avanzo in suo articolo parlando di Caffè lo ha definito come: ”economista disubbidiente e seduttore intellettuale, ha voluto lasciare il mondo e il peso di un enigma a chi è rimasto”.
Una vita dedita allo studio del sistema economico che improvvisamente diventa evanescente, esattamente come la sua vita sotto l’attacco della senilità: così a quel punto la sua vita diventa priva di senso, quasi presunta, proprio come la sua morte.
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Langley sembra un posto fuori dal mondo. Le case hanno il tipico aspetto delle costruzioni americane; a prima vista non sembra un luogo misterioso né tanto meno enigmatico: contea di Fairfax, stato della Virginia, Stati Uniti d’America. Eppure Langley ospita uno dei centri di potere più importanti del pianeta. Quando si parla di Langley, infatti, si fa riferimento per antonomasia alla sede centrale della CIA (Central Intelligence Agency).
Nel lato nord-ovest del cortile della nuova sede del quartier generale dei servizi segreti americani si trova una strana struttura che non passa certamente inosservata. Una scultura come tante, con i canoni estetici un po’ naïf tipici dell’espressionismo esasperato dell’arte contemporanea. Si tratta di un pannello suddiviso in quattro parti con lettere perforate in una lastra di rame; la sequenza di lettere costituisce un messaggio cifrato che ha attirato l’attenzione dei maggiori esperti di enigmistica impegnati in una sfida mondiale per la decriptazione. Oltre alla scultura principale ce ne sono altre minori sparse per tutto il complesso: lastre di granito con un interstizio di rame; una di queste comprende anche una bussola. L’installazione è costata complessivamente 250.000 dollari. Il nome esotico e affascinante della scultura è Kryptos.
Che cos’è Kryptos
Kryptos deriva dal greco “κρυπτός” e significa “nascosto”. È stata installata il 3 novembre 1990 e da allora tiene sotto scacco i più importanti crittoanalisti.
La parte principale dell'opera è alta circa tre metri e mezzo ed è fatta di granito rosso, ardesia rossa e verde, quarzo bianco, legno pietrificato, magnetite e rame. Il granito è la base su cui poggia la lastra di rame perforata da 869 caratteri cifrati.
La struttura ha una forma a “S” disposta verticalmente ed evoca un tabulato che emerge da una stampante oppure lo schermo di un computer dal quale scorre un testo. Contiene quattro messaggi distinti, ognuno codificato con una parola chiave.
La scultura non è visitabile dal pubblico se non con permessi speciali e con una scorta.
Su lastre di roccia nel terreno circostante, inoltre, c’è un codice morse che contiene una frase misteriosa: “SOS, LUCID MEMORY, T IS YOUR POSITION, SHADOW FORCES, VIRTUALLY INVISIBLE, DIGETAL INTERPRETATU” (Sos, lucida memoria, t è la tua posizione, forze nell’ombra, virtualmente invisibili, digetal interpretatu).
Gli elementi che catturano subito l’attenzione sono: la lettera “t” isolata nel testo e le parole “digetal interpretatu” che sembrano essere scritte in maniera sbagliata; un indizio, forse, per gli impavidi decodificatori.
Jim Sanborn: l’autore di Kryptos
Jim Sanborn è un archeologo ma anche uno scultore-simbolista nato a Washington D.C. nel 1945. In molte sue opere ha inglobato quella che sicuramente è la sua passione: la crittografia. Parecchie sue installazioni contengono messaggi che non sono stati ancora decriptati.
Jim Sanborn realizza le proprie sculture con un metodo del tutto personale; dietro l’esteriorità delle sue opere, infatti, si cela una filosofia e uno studio ben preciso: nella materia egli vede la potenza del cosmo e delle forze invisibili della natura. Anche in questa occasione ha utilizzato materiali particolari; tra questi, in particolare, il legno pietrificato. Esso ha delle caratteristiche alchemiche degne di nota: la trasmutazione da un regno (quello vegetale cui appartengono le piante) in un altro (quello minerale cui appartiene la pietra). Degna di attenzione è anche l’accoppiata rame e magnetite: secondo la Legge di Lenz avvicinando un magnete a un tubo di rame la variazione di flusso del campo magnetico genera nel circuito una corrente elettrica indotta che origine a sua volta un campo magnetico che si oppone alla caduta del magnete, contrastando l'effetto dell'attrazione gravitazionale.
I materiali scelti dall'artista, infine, hanno la caratteristica di cambiare colore al variare della luce.
La soluzione parziale
Solo nel 1999, a oltre nove anni dall’impianto della struttura, la prima persona che pubblicamente ha annunciato di aver risolto le prime tre sezioni è stato James Gillogly, un esperto di informatica del sud della California; ha decifrato 760 caratteri. Ancora senza soluzione, invece, l’ultima parte del pannello.
Sanborn ha rivelato che la scultura contiene un enigma all'interno degli enigmi che sarà risolvibile unicamente dopo che i quattro passaggi cifrati saranno decodificati nel modo corretto.
Le tre parti decodificate fino a questo momento riportano messaggi suggestivi.
Nella prima sezione: “BETWEEN SUBTLE SHADING AND THE ABSENCE OF LIGHT LIES THE NUANCE OF IQLUSION” (Tra sottile ombreggiatura e l'assenza di luce si trova la sfumatura di Iqlusion). La cosa che colpisce in questa sezione è certamente la parola misteriosa “Iqlusion”.
Nella seconda sezione (fine del pannello 1) ritroviamo invece: ”IT WAS TOTALLY INVISIBLE HOWS THAT POSSIBLE? THEY USED THE EARTHS MAGNETIC FIELD X THE INFORMATION WAS GATHERED AND TRANSMITTED UNDERGRUUND TO AN UNKNOWN LOCATION X DOES LANGLEY KNOW ABOUT THIS? THEY SHOULD ITS BURIED OUT THERE SOMEWHERE X WHO KNOWS THE EXACT LOCATION? ONLY WW THIS WAS HIS LAST MESSAGE X THIRTY EIGHT DEGREES FIFTY SEVEN MINUTES SIX POINT FIVE SECONDS NORTH SEVENTY SEVEN DEGREES EIGHT MINUTES FORTY FOUR SECONDS WEST X LAYER TWO”. (È stato totalmente invisibile, come è possibile? Hanno usato il campo magnetico terrestre. Le informazioni sono state raccolte e inviate discretamente verso una destinazione sconosciuta. Langley sa di questo? Essi lo dovrebbero sapere, è sepolto là fuori da qualche parte. Chi conosce la posizione esatta? Solo WW. Era il suo ultimo messaggio. 38 ° 57' 6,5 Nord. 77 ° 8' 44 Ovest). Questo sembra essere il cuore del messaggio. Si parla del campo magnetico terrestre e, forse, ecco che si può rintracciare il collegamento con i materiali utilizzati e con la succitata Legge di Lenz. Si fa riferimento, poi, a una posizione esatta e a specifiche coordinate. Esiste un aneddoto particolare a proposito di questo. Nella quarta di copertina dell’edizione americana del “Codice Da Vinci”, il best seller di Dan Brown, si troverebbe appena leggibile la frase che è incisa anche sul Kryptos "Only WW knows" (“Solo WW conosce”). Proprio Sanborn aveva dichiarato che l'intera soluzione era stata data al direttore della CIA William H. Webster al momento della posa della scultura.
Sempre nella stessa copertina del famoso romanzo è riportata una coordinata geografica: 37°57'6,5"N 77°8'44"O; questa conduce a una contea in Virginia, denominata “King and Queen” (Re e Regina), nei pressi di una casa isolata. Nel testo decodificato, invece, è riportata una coordinata che differisce di un solo grado: 38°57'6,5" N 77°8'44"O e che corrisponde, invece, proprio alla sede della CIA.
Nella terza sezione (inizio del pannello 2) troviamo:
“SLOWLY DESPARATLY SLOWLY THE REMAINS OF PASSAGE DEBRIS THAT ENCUMBERED THE LOWER PART OF THE DOORWAY WAS REMOVED WITH TREMBLING HANDS I MADE A TINY BREACH IN THE UPPER LEFT HAND CORNER AND THEN WIDENING THE HOLE A LITTLE I INSERTED THE CANDLE AND PEERED IN THE HOT AIR ESCAPING FROM THE CHAMBER CAUSED THE FLAME TO FLICKER BUT PRESENTLY DETAILS OF THE ROOM WITHIN EMERGED FROM THE MIST X CAN YOU SEE ANYTHING Q (?)”. (Lentamente, disperatamente lentamente, i detriti che ingombravano la parte inferiore del passaggio sono stati rimossi. Con le mani tremanti ho fatto una piccola apertura in alto a sinistra che a poco a poco è stata estesa. Mi è stato poi portata una candela e ho osservato a lungo all'interno. L'aria calda che fuorusciva dalla camera faceva vacillare la fiamma. Ma ora, i dettagli della stanza mi apparvero in mezzo alla nebbia. Vedete qualcosa?).
Forse è una parafrasi in riferimento a una citazione attribuita a Howard Carter sulla scoperta della tomba di Tutankhamon. In questo caso emerge l’altra passione di Sanborn, ossia l’archeologia. Un collegamento importante dato che quella scoperta fu fatta proprio il 3 novembre 1922, nella stessa data ma esattamente 68 anni prima dell’installazione di Kryptos.
Ci sono altre coincidenze strane. La struttura che componeva la tomba del faraone era costituita da vari materiali tra i quali la quarzite di colore giallo e proprio il granito rosso, cioè uno degli elementi utilizzati anche da Sanborn.
… e la soluzione finale?
Un enigma, dunque, complesso e affascinate del quale nessuno ancora ha trovato la soluzione definitiva. Nel 2010 Sanborn ha deciso di dare una mano ai criptologi per quanto riguarda la parte finale del testo, rivelando che i caratteri dal 64 al 69 sono “NYPVTT”, poi decifrati come “BERLIN”.
A Berlino, guarda caso, esiste un orologio chiamato in inglese “Berlin Clock” che è esso stesso un enigma. Fornisce l’ora secondo la teoria degli insiemi tramite quattro file di caselle colorate luminose. Quando gli hanno chiesto se il nuovo indizio faceva riferimento all’orologio di Berlino, Sanborn ha risposto: “ci sono molti orologi interessanti a Berlino”. Nella capitale tedesca, infatti, esiste un altro orologio originale al quale forse si riferisce l’artista burlone. Si tratta di “Urania Weltzeituhr”, un orologio universale, considerato uno dei simboli della città e collocato proprio nella centrale Alexanderplatz. La struttura poggia su un mosaico in pietra raffigurante una rosa dei venti. Questa struttura alla mente il logo dell’agenzia della CIA che ha proprio al centro una stella riconducibile alla rosa dei venti. Una raffigurazione esoterica con una grande valenza simbolica.
Insomma, un groviglio inestricabile di enigmistica, codici segreti, simbolismi, esoterismo e concetti scientifici.
In occasione di un'intervista Sanborn ha espresso un concetto interessante per capire il suo intento e quello dei committenti dell’opera: "Prima che l'Agenzia scegliesse il mio lavoro per affrontare l'aspetto segreto della natura umana, esso già riguardava i segreti della Natura". Allora ritorna alla mente la prima parte del codice “Tra sottile ombreggiatura e l'assenza di luce si trova la sfumatura di Iqlusion” e con essa i primi versetti biblici di Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre”.